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64 capitolo iv.

e ad olio si fusero, e a capo di esse venne chiamato il marchese Sacripante col grado d’ispettore generale, e come sopraintendente della illuminazione a gas, col titolo curioso d’ispettore fisico, il Volpicelli, ch’era insegnante di fisica alla Sapienza. Fu fatto un nuovo regolamento e mutate le tavole lunari: la prima per l’illuminazione intera in tutta la notte, non valutando mai il lume di luna; la seconda per l’illuminazione parziale con luna scoperta e cielo sereno; e la terza, quando la luna fosse coperta da nuvole o da nebbie. Gli accenditori avevano mezz’ora di tempo per accendere i rispettivi fanali dall’ora indicata nella colonna di accensione. Nel forte inverno, per esempio, si accendevano i lampioni alle 5 1/2, pomeridiane, e si spegnevano alle 6 1/2, del mattino, quantunque a quell’ora, nel dicembre e nel gennaio, non fosse ancora giorno chiaro. E quando vi era la luna, l’accensione avea luogo dalle 3 1/2, dopo la mezzanotte fino alle 7, nell’inverno; e nell’estate, dalle 8 3/4, fino a mezzanotte. L’illuminazione a gas si estese lentamente, e nel 1869, come risulta dal bilancio di allora, il municipio spendeva, anche per quella a olio, lire 213,772, oltre a lire duemila per gli orologi in piazza Colonna, cioè quasi il doppio di quanto era fissato nel bilancio del 1850, pur seguitando la città ad essere buia, come io la vidi nel 1867, e la rividi la sera del 22 settembre 1870. Oggi si spende, tra gas e luce elettrica, la cospicua cifra di lire 1,196,358, divisa così: per il gas lire 821,769.87; per l’elettricità 225,016.27; per il petrolio 109,572.40, non tenendo conto del consumo privato del gas che allora quasi non esisteva. E non ostante che l’illuminazione neanche ora risponda alle esigenze moderne, giova ricordare che così modeste erano in que’ tempi le civili aspirazioni, che di tanto buio nessuno muoveva lamento.


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La città era divisa in quattordici rioni e quattro regioni, con un presidente regionario ciascuna, reclutato tra i cadetti di famiglie nobili. Benchè non facesse nulla, veniva retribuito con cento scudi al mese. Non era raro il caso, che da quel posto si ascendesse ad uffici più alti, come avvenne al marchese Serlupi, che da presidente regionario fu promosso cavallerizzo maggiore, ed