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richiamo del baraguay - nuove tasse |
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del 1848, e la non eroica partenza da Roma il giorno stesso dell’assassinio del Rossi, del quale era collega. E ne nominò un’altra per proporre delle riforme, che dovevano contribuire alle possibili economie nelle spese ordinarie dello Stato, per raggiungere il pareggio. Ne dette la presidenza al cardinale Antonelli, e ne furono membri monsignor Grassellini, il Galli, ministro delle finanze, il Neri, direttore del debito pubblico, e il conte Vincenzo Pianciani; ma il frutto di tali studi non si vide che nella riforma della banca romana o dello Stato pontificio, compiuta nel 1852, rifornendola di nuovo capitale, e arricchendola di altri privilegi come banca di Stato. Aperta la sottoscrizione per «l’attivazione» di essa, furono fra i più grossi sottoscrittori, ma non più che per dieci azioni ciascuno, i fratelli Almagià, Daniele Beretta e Benedetto Costantini di Ancona; Camillo Iacobini e suo fratello Gaetano; il principe Annibale Simonetti, il marchese Lavaggi e il conte De Lozzano; ma senza l’aiuto degli israeliti, il capitale non si sarebbe formato, nè si fu giusti con essi, perchè rimasero esclusi da ogni carica. Difatti, riuniti gli azionisti in assemblea generale il 6 maggio 1852, deliberarono, innanzi tutto, che dovesse la banca cominciare le sue operazioni non più tardì del primo luglio prossimo, così nella sede principale di Roma, come in quelle secondarie di Ancona e Bologna; e poi procedettero all’elezione del consiglio d’amministrazione, nominando governatore il conte Filippo Antonelli, fratello del cardinale; e sottogovernatore, Antonio Costa; censori, i principi Rospigliosi, Doria, Borghese e Vincenzo Colonna, e Stefano Azspeitia; e reggenti, cioè amministratori, il Pianciani suddetto, il marchese Gian Pietro Campana, il barone Grazioli, il conte Pio Bofondi di Forli, e i signori Paolo Mereghi, Raffaele Candi, Agostino Rempicci, Giuseppe Mazio, direttore della zecca, e Vincenzo Cortesi. Direttore della sede di Bologna fu nominato il marchese Cesare Bevilacqua, e di Ancona, Giacomo Baluffi. Come si vedrà nello svolgimento di queste cronache, la banca, pur avendo il privilegio d’istituto di Stato, non nacque vitale, sia perchè le condizioni economiche delle provincie, ma soprattutto di Roma, non offrivano alimento alla vita prospera e onesta di una banca, la quale trovava una concorrenza invincibile nei banchieri privati, nel solo cespite frutti-