Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
46 | capitolo iii. |
classe di uomini robusti e maneschi, detti spalloni, perchè trafugavano sulle spalle, di notte, sacchi di caffè, di cacao, di zucchero, o di grano. In quei piccoli comuni di confine, così dalla parte di Arezzo e di Romagna, che di Siena, le locande e le bettole erano ricovero di contrabbandieri. Le guardie o tenevano mano, o sorprendevano i piccoli contrabbandi, per far passare i grossi. Le autorità toscane non avevano interesse a impedirli, per il differente sistema doganale fra i due paesi. Il governo pontificio, credendo portarvi un rimedio, trasportò la gran dogana nella vecchia terra, dove fu la repubblica di Cospaia, sul piano, anzi sulla grande strada fra San Giustino e San Sepolcro, dove s’innesta la via di Urbino, per il valico di Boccatrabaria. Quella dogana, conservando il suo grado di bollettone di prima classe, ebbe la speciale facoltà di sdaziare i generi coloniali provenienti da Livorno, e diretti nell’alta Umbria e nelle Marche, togliendosi tale facoltà alla dogana estera di Monterchi; ma con tutto questo, il contrabbando non cessò che dopo il 1860, quando la frontiera disparve. E pure sul confine napoletano fra Terracina e Fondi, nella larga zona neutrale, che pareva fatta apposta per favorire uno scambievole e perenne contrabbando, questo era di poco conto. Se Napoli introduceva i suoi guanti, le sue pietre dure e i coralli, pochi tessuti, e poco bestiame, a preferenza equino, ed estratto di sambuco, Roma introduceva le sue oreficerie, oggetti d’arte e ricotte fresche e salate, queste a preferenza.
Il contrabbando non si esercitava soltanto alle frontiere, ma anche per via di acqua. Ancona e Civitavecchia, porti franchi, ne erano la fonte perenne, e tutti i porti canali dell’Adriatico erano approdi di merci in contrabbando, le quali avevano un riconoscimento ufficiale nella famosa fiera di Senigallia. E contrabbando si esercitava per il Po, fra la sponda veneta e la ferrarese, e persino sul Tevere, sotto gli occhi del governo, a bordo delle tartane, che, rimorchiate, risalivano il fiume e ancoravano a Ripagrande. Si aggiunga il contrabbando riconosciuto sotto forma di esonero dalle tasse doganali. Cardinali, alti prelati, ed ogni persona anche di mediocre importanza nel governo, senza contare gli ambasciatori, i consoli e gli ufficiali superiori dell’armata di occupazione, ricevevano merci dal-