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42 | capitolo iii. |
tassa straordinaria di 250 mila scudi, ed una, fortissima, sui generi coloniali, singolarmente sul caffè, sul cacao e sullo zucchero. Crebbe il contrabbando in proporzioni scandalose, e pur troppo senza rimedi concludenti.
I nuovi aggravi non finirono qui. In data 14 ottobre di quello stesso anno, venne pubblicato un altro editto del segretario di Stato che cominciava:
La necessità di provvedere all’equilibrio delle rendite colle spese dello Stato, anche per far fronte alle conseguenze degli ultimi deplorevoli avvenimenti, ed agl’impegni assunti dal governo per togliere dal corso la cartamoneta, impone il penoso dovere di ricorrere a nuove tasse. Essendo poi giusto che ogni classe di persone concorra a sostenere li pubblici pesi in proporzione, per quanto è possibile, dei vantaggi che ritrae dall'ordinamento sociale, così sembra equo di sottoporre ad una tassa l’esercizio delle professioni, arti, industrie e commercio, pel quale esercizio nulla ora si contribuisce allo Stato.
Le arti, le industrie ed i commerci, per effetto di quest’editto, furono ripartiti in dieci categorie, e gli esercenti tassati proporzionatamente al luogo e all’entità dell’esercizio. I comuni, tranne Roma e Bologna, vennero divisi in cinque classi, da una popolazione maggiore di venti mila abitanti a quelli di mille. E in ogni comune erano stabiliti sei «gradi» che oggi si chiamerebbero categorie. É curioso, che nel lungo editto non si determini il contributo, e tutto si rimetta al regolamento, nonchè alla tariffa, che doveva essere pubblicata dal ministro delle finanze. I particolari sono interessanti. Per esempio, chi esercitava in più comuni, ovvero nello stesso comune, ma in stabilimenti, opifici, fondachi e botteghe separate, lo stesso commercio, era tassato per ciascun luogo, come se fossero persone, o negozianti distinti. I venditori ambulanti, di qualsiasi genere, venivano sottoposti a metà della tassa che pagavano gli esercenti; e non erano soggetti a tassa i proprietari delle terre per la vendita in natura delle derrate, bestiami e prodotti dei rispettivi terreni, i giornalieri, i lavoranti, gli operai; i capitani dei bastimenti di commercio non naviganti per proprio conto; nonchè i proprietari e gl’inquilini, che affittavano con mobili una porzione della propria abitazione, e le Casse di risparmio o di previdenza amministrate gratuitamente.