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34 capitolo iii.

mento, che ebbe luogo la sera del 23 agosto 1849 nel museo capitolino, e che fu l’apoteosi del nuovo Goffredo. Gli fu coniata anche una gran medaglia d’oro, con questa epigrafe:

vict · oudinotius
gallorum · excercitui — praefectus
romae · i · g · t


Nel rovescio:

urbem expugnare · coactus
civium et artium
incolumitati · consuluit · mdcccxlix


Questa iscrizione, dettata dal procuratore Bartolomeo Belli, fu oggetto di commenti umoristici per l’Oudinotius.

Il generale Rostoland, succeduto all’Oudinot, era un troupier quasi illetterato, che in poco tempo divenne esoso per le sue maniere rozze, e per i consigli di guerra in permanenza e relative condanne. L’arguzia dei romani contro di lui si rivelò in una freddura, ch’ebbe fortuna: Reste l’âne. E nella celebre satira popolarissima in quei giorni, detta del Pappagallo, si legge:

Narra le infamie
Del Rostolano,
Che a feccia d’uomini
Diede la mano.

Dei suoi commiliti
Narra lo scempio,
Ridotti ad essere
Sgherri del tempio.

Di’ che essi baciansi
Coi delatori,
E il pan dividono
Coi monsignori.

Richiamato dopo pochi mesi, gli successe il generale Baraguay d’Hilliers, avanzo glorioso, come si è detto, delle guerre napoleoniche. Di carattere impetuoso, senza tatto e bonaccione in fondo, egli si considerò vero proconsole in terra di conquista, e fu particolarmente inviso al patriziato, cui non usò i riguardi, che questo pretendeva. In un governo come il pontificio, ch’era ad un tempo teocratico e oligarchico, aristocratico e democratico, a base di privilegi, i principi romani di vecchie famiglie