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30 | capitolo ii. |
Roma aveva dato un copioso e prezioso contributo di sangue alla causa nazionale, e non era possibile cancellare tante memorie, estirpare tanti germi di vendetta, e conciliare tanti interessi offesi o traditi; si rispondeva con violenze alle violenze; e quel disordine morale, di cui il triumvirato rosso fu coi suoi eccessi il maggior fattore, ebbe per complice tanta parte della popolazione, credente nella religione del coltello, per antiche e immutate tradizioni. Il governo pontificio non visse che di trepidazioni e di paure, dal giorno in cui rinacque, a quello in cui finì.
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Col ritorno del Papa, il triumvirato dei cardinali cessò di esistere, e dal 13 aprile i poteri furono accentrati nel cardinal Antonelli, al quale, come il primo e maggiore dei ministri, questi ubbidivano, nè erano ammessi all’udienza del sovrano che solo una volta alla settimana. L’ultimo atto del triumvirato, messo fuori nello stesso giorno che il Papa giunse a Terracina fu il regolamento interno per gl’impiegati, ch’è un documento curiossimo. Si raccomandava agl’impiegati l’assiduità, e si vietava loro di cumulare impieghi, o d’interessarsi direttamente o indirettamente negli appalti, di essere agenti d’affari e di esercitare la professione di commercianti. Erano poi considerate mancanze disciplinari, e in vario modo punibili, il ritardo, le assenze senza permesso, la trascuratezza e la notabile lentezza (sic). Ma nessuno ricorda che fosse mai punito alcun impiegato per notabile lentezza; che anzi era questa la caratteristica della burocrazia pontificia, ecclesiastica e laica. Ricordo l’aneddoto, che raccontava il Verdi a proposito della lentezza degl’impiegati pontificii. Egli era venuto a Roma nell’inverno del 1853, per assistere alla prima rappresentazione del Trovatore, e usava quasi tutte le mattine recarsi alla posta, che aveva sede nel cortile del palazzo Madama, dov’è oggi il Senato. Il maestro, alle 9 precise, ora dell’apertura, va alla posta, trova gli sportelli chiusi, e sbuffa pel ritardo. Suonate le nove e mezzo, un impiegato sonnolento apre lo sportello; il Verdi gli si accosta e dà il suo nome; e poi, cacciando l’orologio sotto il naso del-