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24 | capitolo ii. |
mascherate, queste erano permesse, ma «col volto scoperto, nè contraffatto con barbe finte o con tinture o altri artifizi, sì di giorno che di notte, e in qualsiasi suolo tanto pubblico che privato ». E non fu lieve lo scandalo, allorchè, ridendosi di queste disposizioni, rese più esagerate dalle penitenze indette dal cardinal vicario, spirito angusto e non benigno, si tentò da alcuni ufficiali francesi, col permesso del generale Baraguay, di tenere due veglioni in maschera al Metastasio, e di ballare il can-can con alcune ballerine del Tordinona. Questo permesso, dice un cronista guelfo, fece verificare inconvenienti di un genere, a cui non si era usi a Roma. Il Baraguay fu fatto segno alle peggiori maldicenze nelle sagrestie, al vicariato e nelle anticamere dei cardinali. Ma che farci? Il padrone era lui, nè innanzi a lui i cardinali del triumvirato ed i ministri osavano fiatare. La potenza dei comandanti del corpo di spedizione fu sempre decisiva nelle cose ordinarie del governo pontificio, e trovavano lodi e incoraggiamenti nella cittadinanza laicale, che, non potendo avere un’amministrazione civile, secondo aveva lasciato sperare il principe Luigi Bonaparte nella lettera al Ney, e aveva promesso Pio IX col motu-proprio di Portici, si credeva vendicata nelle umiliazioni, che i supremi comandanti francesi infliggevano al governo ieratico. E questo alla sua volta non trovò alcun motivo di riporre confidenza nel capo di quella nazione, le cui armi l’avevano fatto risorgere. In Luigi Bonaparte, tenuto dalla corte romana in conto di spirito incerto, con tendenze di visionario, il ricordo dell’antico ribelle non era stato cancellato dalle nuove gesta di lui; e tutte le arti della curia mirarono, dal giorno che egli contrasse matrimonio, a tenersi nelle grazie dell’Imperatrice e della sua corte intima, solleticando le influenze francesi e spagnole, che vi mettevano capo, e che erano rigidamente cattoliche, per non dire addirittura clericali. Vedremo nel corso di queste cronache come si svolse quest’influenza, sino al fatale 4 settembre 1870.