Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/393


le proteste del papa e il congresso 375

Pertanto, dopo che per la reclamazione del nostro Cardinal Segretario di Stato, mandata a tutti gli Ambasciatori, Ministri e Incaricati d’affari delle estere nazioni presso di Noi e di questa Santa Sede, Noi abbiamo riprovato e detestato i nefarii ardimenti di cotesti ribelli; ora in questo vostro amplissimo Consesso, o Venerabili Fratelli, elevando la Nostra voce, col maggiore sforzo che possiamo dell’animo Nostro, protestiamo contra tutto ciò, che gli anzidetti ribelli hanno osato di fare nei predetti luoghi; e colla Nostra suprema autorità condanniamo, riproviamo, rescindiamo e aboliamo tutti e singoli gli atti sì in Bologna, sì in Ravenna, sì in Perugia, e sì in qualunque altro luogo fatti, ed appellati in qualunque modo, da essi ribelli contra il sacro e legittimo principato Nostro e di questa Santa Sede e dichiariamo e decretiamo che i prefati atti sono nulli del tutto, illegittimi e sacrileghi.

Dippiù, ricordiamo a tutti incorrersi, senz’altra dichiarazione, da tutti quelli che in qualsiasi modo ardiscono di scuotere il potere temporale del Romano Pontefice la scomunica maggiore, e le altre pene e censure ecclesiastiche, fulminate dai Sacri Canoni, dalle costituzioni apostoliche, e dai decreti dei Concilii Generali, specialmente del Tridentino (Sess. 22, cap. 11, de Reform.); e quindi dichiariamo esservi di già miseramente incorsi tutti coloro i quali a Bologna, Ravenna, Perugia, e altrove, sono stati arditi coll’opera, col consiglio, coll’assenso, e per qualunque siasi altro modo, di violare, perturbare, ed usurpare la civile potestà e giurisdizione Nostra e di questa Santa Sede, e il patrimonio di San Pietro.

Intanto, mentre spinti dal debito del Nostro officio siamo costretti, non senza grave dolore dell’animo, a dichiarare e promulgare tali cose; commiserando alla lacrimevole cecità di tanti figliuoli, Noi non cessiamo di dimandare umilmente e istantemente dal clementissimo Padre di misericordia, che colla sua onnipotente virtù affretti quel giorno così desiderato, nel quale possiamo novamente accogliere con gioia fra le paterne braccia questi figliuoli nostri ravveduti e ritornati al proprio loro dovere; e vedere redintegrato in tutti i nostri Pontificii Stati l’ordine e la tranquillità, allontanatane ogni perturbazione. Sostenuti da tal fiducia in Dio, siamo eziandio confortati dalla speranza che i Principi d’Europa, siccome per lo addietro, così ora eziandio pongano di comune accordo e sollecitudine ogni loro opera nel difendere e conservare intero questo principato temporale Nostro e della Santa Sede; importando sommamente a ciascuno di loro che il Romano Pontefice goda pienissima libertà affinchè si possa debitamente soddisfare alla tranquillità di coscienza dei cattolici che dimorano nei loro Stati. La quale speranza per certo da ciò ancora viene accresciuta, che gli eserciti francesi esistenti ora, in Italia, secondo quello che il nostro carissimo in Cristo Figliuolo, l’Imperatore dei Francesi ha dichiarato, non solo non faranno cosa alcuna contro il poter temporale Nostro, e di questa Santa Sede, ma anzi si adopreranno per difenderlo e conservarlo.


Era sincera questa fiducia nel «carissimo figliuolo in Cristo, l’imperatore dei francesi»? È lecito dubitarne, ma si tenga pre-