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374 capitolo xx.

numero, non poterono resistere al loro furore e alla loro audacia. Laonde nelle anzidette città si vide per opera di faziosi conculcata l’autorità d’ogni legge divina ed umana, e oppugnata la suprema civile potestà Nostra e di questa Santa Sede, e rizzati i vessilli della ribellione, e tolto di mezzo il legittimo pontificio governo, ed invocata la dittatura del Re di Sardegna, e spinti o costretti alla partenza i nostri Delegati, dopo pubblica protesta, e commessi altri non pochi delitti di fellonia.

Niuno poi ignora a che principalmente mirino sempre cotesti odiatori del civil principato della Sede Apostolica, e ciò che essi vogliono e ciò che desiderano. Per fermo tutti sanno come, per singolare consiglio della divina Provvidenza, è avvenuto che, in tanta moltitudine e varietà di Principi secolari, anche la Romana Chiesa avesse un dominio temporale a niun’altra podestà soggetto; acciocchè il Romano Pontefice, sommo Pastore di tutta la Chiesa, senza essere sottoposto a nessun Principe, potesse con pienissima libertà esercitare in tutto l’orbe il supremo potere e la suprema autorità, a lui data da Dio, di pascere e reggere l’intero gregge del Signore; e insieme più facilmente propagare di giorno in giorno la divina Religione, e sopperire ai varii bisogni de’ fedeli, e prestare aiuto ai chiedenti, e procurare tutti gli altri beni, i quali secondo i tempi e le circostanze fossero da lui conosciuti conferire a maggiore utilità di tutta la repubblica cristiana. Adunque gl’infestissimi nemici del temporale dominio della Chiesa Romana per ciò si adoperano d’invadere, di crollare e distruggere il civil principato di lei, acquistato, per celeste provvidenza, con ogni più giusto ed inconcusso diritto, e confermato dal continuato possesso di tanti secoli, e riconosciuto e difeso dal comun consenso de’ popoli e de’ Principi eziandio cattolici, qual sacro e inviolabile patrimonio del Beato Pietro; affinchè, spogliata che sia la Romana Chiesa del suo patrimonio, possano essi deprimere e abbattere la dignità e la maestà della Sede Apostolica e del Romano Pontefice, e più liberamente arrecare ogni gran danno e fare asprissima guerra alla santissima religione, e questa religione medesima, se fia possibile, gettare del tutto a terra. A questo scopo per verità mirarono sempre e tuttavia mirano gl’iniquissimi consigli e tentativi e frodi di quegli uomini, i quali cercano di abbattere il dominio temporale della Romana Chiesa, come una lunga e tristissima esperienza a tutti chiaramente e apertamente fa manifesto.

Per la qual cosa, essendo Noi obbligati, per debito del nostro apostolico ministero e per solenne giuramento, a provvedere con somma vigilanza all’incolumità della Religione, e a difendere i diritti e i possedimenti della Romana Chiesa nella loro totale integrità e inviolabilità, non che a sostenere e vindicare la libertà di questa Santa Sede, la quale libertà è senza niun dubbio connessa colla utilità di tutta la Chiesa cattolica; e per conseguenza essendo Noi tenuti a difendere il Principato, che la Divina Provvidenza donò ai Romani Pontefici, acciocchè essi liberamente esercitassero in tutto l’orbe l’amministrazione delle cose sante, e dovendo Noi trasmetterlo intero e inviolato ai nostri successori; perciò Noi non possiamo non condannare veementemente e detestare gli empii e nefandi conati e ardimenti di sudditi ribelli, e loro fortemente resistere.