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370 | capitolo xx. |
CAPITOLO XX.
Le proteste del Papa e il Congresso.
Quali dolorose sorprese per l’iracondo Pontefice! Non eran compiuti due anni dal suo viaggio nelle provincie, dalle quali era tornato con l’impressione che la fede dei popoli era viva e incrollabile in lui, e vedeva, in nove giorni, tutto lo Stato in fiamme, e le Legazioni perdute. La ribellione, domata nelle Marche e a Perugia, non bastava a confortarlo, nè lo confortavano le condizioni dell’ordine pubblico a Roma, dove le notizie delle provincie avevano accese le teste, da far temere guai maggiori. L’effervescenza si rivelava nei teatri, all’Università, nelle vie, nelle collette per favorire le diserzioni dei soldati, e far partire quanti giovani chiedevano di andare al campo piemontese. La città non era tranquilla; e per quanto il Goyon si abbandonasse a comiche minacce, non riusciva a far paura, nè facevano paura la polizia, nè l’ambasciatore austriaco, che, dopo Magenta e Solferino, nessuno più temeva. Il duca di Gramont fraternizzava apertamente coi liberali; e il ministro sardo aveva, alla sua volta,