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vano messa la coccarda sul petto, erano ben risoluti di accettare la sfida: molti con speranza di successo. Gli altri sentivano nel loro buon senso, che anche perdendo si sarebbe vinto. E quelli del governo provvisorio erano proprio di questi».

Il Leonardi fu creduto morto dai suoi amici di Firenze. Egli si tenne nascosto per alcuni giorni a Perugia, e poi, mercè l’aiuto disinteressato di contrabbandieri, potè riguadagnare la frontiera toscana, e tornare all’esercito, dove pervenne al grado di capitano del genio. Si dimise nel 1865, e prese servizio nelle ferrovie Meridionali; tornato a Roma nel 1872, fu nominato vicedirettore dell’ufficio tecnico municipale, che lasciò, pochi anni or sono. Devo a lui, liberale della vigilia, uomo integro e di forte animo, alcuni di questi ricordi, non privi d’interesse storico. Poco, egli confessa, potei fare per Perugia, ma fui testimonio della virtù di quel popolo, del quale mi basta dir questo, che fra i moltissimi perugini, che ritrovai fuggiaschi in Toscana, non uno ne intesi accusare di tradimento o di viltà il governo provvisorio, non uno che non pronunziasse con riverenza il nome di Francesco Guardabassi, ch’era stato il capo e l’anima della sfortunata insurrezione.

Appena dopo la conquista di Perugia da parte delle truppe pontificie, il Gualterio si recò a Torino, e ve lo raggiunse Nicola Danzetta. Fecero reclami al Cavour per quanto era avvenuto, e che il Gualterio pareva non immaginasse neppure, e per cui era profondamente afflitto. Ho veduto Gualterio, scriveva la contessa Bonaparte Valentini, il 30 giugno, da Firenze, esso pare un martire rassegnato a morire per la sua fede. Il sacrificio di Perugia, del quale andò l’eco molto lontana, promuovendo in ogni parte del mondo civile vivaci proteste contro il governo del Papa, fu arma potente, l’anno appresso, nelle mani di Cavour1.


  1. Archivio storico del Risorgimento Umbro, id. id.