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358 | capitolo xix. |
e nell’azione. Nella notte dall’11 al 12 giugno gli austriaci lasciarono davvero la città, e i particolari dell’avvenimento, che fu favilla secondatrice della gran fiamma rivoluzionaria, di qua e di là dall’Appennino, si leggono con precisione ed obiettività nel rapporto del Magistrato bolognese, riferito al Consiglio comunale il 14 giugno, e ch’è bene pubblicare nel suo testo, per la prima volta. Il documento, procuratomi dal conte Nerio Malvezzi, dice:
- Illustrissimi signori!
Dopo i gravissimi avvenimenti, che hanno avuto luogo nei trascorsi giorni, e nei quali è stata necessità che la Magistratura pigli qualche parte, non poteva essa non raccogliervi, o signori onorevolissimi, intorno a lei per farvi una breve, ma esatta e sincera esposizione delle cose e della condotta che ha tenuta la Magistratura in tali emergenti.
Il capo di essa era, sabato 11 del corrente mese, invitato a recarsi dall’eminentissimo legato ad un’ora pomeridiana, e poco dopo accedeva alla residenza legatizia. Presentatosi all’eminentissimo, e dettosi da questo essere a sua notizia, che correva voce in città, che erano per partire le truppe austriache, venendo in luogo di esse quelle di Francia secondo gli accordi fra i governi stabiliti (sic) disse: 1° che niun accordo era tra il governo pontificio e quello di Francia ed Austria, perchè al partirsi delle truppe di quest’ultima potenza quelle dell’altra subentrasse[ro] a presidio della nostra città; 2° che per le convenzioni stabilite fra i governi anzidetti non poteva ritenere che le truppe austriache partissero di Bologna; 3° che autorizzava il capo della Magistratura a smentire quindi la voce in proposito sparsa.
Ma alle 9 incirca della sera era rimesso al conservatore anziano un dispaccio dell’eminentissimo cardinale concepito in questi termini: «La prego a venire da me colla Magistratura, dovendole parlare d’urgenza». Si dava egli tosto pensiero di chiamare i suoi colleghi colla maggiore possibile sollecitudine, ma soltanto dopo le ore 101/2 potè essere riunita la Magistratura. La quale dallo stato della città ben argomentando onde movesse l’invito dell’eminentissimo di convocarsi a quell’ora, poneva a sè stessa vari quesiti, e sulla soluzione dei medesimi con breve discussione cercava a venire in accordo unanime.
Salita di poi alla residenza legatizia e introdotta nella sala d’udienza, riceveva dopo alcuni istanti dall’eminentissimo cardinale legato l’annuncio che nella notte istessa sarebbero partite le truppe austriache, e che la città rimaneva al tutto sprovvista di forze, essendo in antecedenza altrove andate le poche truppe pontificie, che qui stanziavano, e buon numero di gendarmi e dragoni, provveduto dell’occorrente custodia forte Urbano. Soggiungeva egli che in tanta gravità di cose faceva appello alla Magistratura perchè a lui unita volesse dar opera a chiamare i buoni cittadini pel mantenimento dell’ordine e la tutela della popolazione.