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352 | capitolo xviii. |
anche più vicine alla capitale, sono in mano del nemico, che devasta e taglieggia, distrarre dall’esercito un soldato sarebbe impossibile.
Ricordatevi che senza grandi sacrifizi di ogni genere non si acquista l’indipendenza. Questo ditelo alto a tutti, e tutti diano prova di abnegazione.
Finisco affidando alla vostra amicizia che vorrete bruciare questa lettera.
Gradite, mio caro amico, i sentimenti sinceri della mia stima ed amicizia.
Vostro affezionatissimo amico |
P. S. Nelle cose dubbie Boncompagni potrà sempre darvi un consiglio. Egli ha veramente la totale fiducia e mente del conte Cavour.
Rivelatrice dell’uomo è questa lettera di Gioacchino Pepoli:
Torino, 25 maggio 1859.
- Caro Malvezzi,
Da Osima1 avrai saputo il motivo del mio viaggio; dopo vidi il principe, ed ho ragione di esser lietissimo. Tutto anderà benissimo se non guasteremo noi le cose. Ma pare che sia necessario però che il comitato, di cui debbo io pure fare parte, sia a giorno di tutto, e che abbia tutto, ma tutto in mano. Disponi le cose in questo senso. Il tempo delle piccole autonomie è passato.
Sta’ di buon animo, le nostre speranze saranno coronate da successa, Saluta cordialmente Tanari, e spero ch’egli pure ne presterà la mano a questa opera.
Intanto torno a raccomandarmi di non fare nessun passo prima del mio ritorno, ed a voce vi dirò perchè, e trovo anche opportuno di sospendere l’invio dei volontari, però se lo credete.
Addio di cuore.
Pepoli.
- P. S. Garibaldi passò il Ticino; l’Imperatore è a Voghera2.
Il principe, al quale accenna, è Girolamo Napoleone, la cui azione a vantaggio della causa liberale era manifesta, forse perchè sognava, che, nello sfacelo delle vecchie dominazioni italiane, si formasse un principato per lui. Notevole è nella lettera del Pepoli la frase, in cui dice, quasi in tono di comando, che del comitato egli dovesse far parte, e che non si desse alcun passo prima del suo ritorno. Fino alla giornata di Magenta corsero giorni di timori e di ansie per tutti. La fede era di certo