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344 capitolo xviii.

di Cavour, incoraggiava i liberali di opinioni temperate ad aver fede nel Piemonte, nella casa di Savoia, e in Napoleone III.

Il governo pontificio, fiutando una non lontana procella, cercava giustificarsi innanzi all’Europa. Alla nota del De Rayneval, segui un volume dal titolo: Roma, il suo governo e le sue istituzioni, pubblicato a Firenze dal Le Monnier. Lo scrittore era questa volta un giornalista inglese, Giovanni Francesco Maguire, membro della Camera dei comuni. Il volume, ispirato a una specie di lirica a freddo, contiene, fra molte leggerezze, qualche osservazione acuta. Egli sperava che il libro «valesse ad allontanare dalle menti di molti onesti e ben intenzionati lettori il nero velo, con cui l’ignoranza e il pregiudizio avevano oscurata la verità, e che riuscisse a far apprezzare le virtù del migliore fra gli uomini, del più benefico fra i regnanti, e d’uno dei più illustri pontefici». Faceva l’apologia di Pio IX, dell’Antonelli, e di altri personaggi, non fra i più accreditati della Curia. Il Maguire confessò, che l’idea di recarsi a Roma a scrivere il libro, gli venne, dopo aver letto nel Daily News il rapporto del De Rayneval; ma lo scritto di lui non lasciò traccia.


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Si era sul finire del 1858. Non pare che la diplomazia pontificia avesse sentore di quanto era seguito a Plombières, nell’estate di quell’anno, fra Cavour e Napoleone III. La sorte delle Legazioni era stata decisa in quel colloquio. L’imperatore dei francesi, e il primo ministro di Vittorio Emanuele si erano intesi bene in questo: che le quattro provincie pontificie, all’indomani di una guerra vittoriosa contro l’Austria, sarebbero andate a formare il nuovo Stato di Vittorio Emanuele, dalle Alpi ad Ancona, con una popolazione dai dieci ai dodici milioni, compresi il Lombardo-Veneto, gli Stati estensi, e il ducato di Parma; e la Francia avrebbe preso la Savoia e Nizza. Si può affermare, che di quel colloquio cospiratorio la Santa Sede non abbia avuta alcuna prevenzione. Monsignor Sacconi, nunzio a Parigi, non era una cima di diplomatico, e non è verosimile, che richiamasse l’attenzione del segretario di Stato sul viaggio di Cavour a Plombières. Qualche cosa si cominciò a intuire dopo