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18 capitolo ii.

a tante cose in un tempo, cominciando dalla Consulta, supremo tribunale penale, e perciò destinato a trattare i processi politici. Ridusse a cinque i ministeri, facendone uno solo dell’agricoltura, del commercio, dell’industria, dei lavori pubblici e belle arti; uno dell’interno e polizia, e non dando alcun ministero all’istruzione, la quale, per l’insegnamento superiore, dipendeva dall’interno, e per il primario, dai parroci e dagli ordini religiosi che lo impartivano. Riordinò il corpo dei veliti, come eran detti i carabinieri o gendarmi, e cominciò a far bruciare, spettacolosamente, i primi boni dei sedicenti governi provvisorio e repubblicano, per scudi 82,815, sostituendoli con altrettanti boni del tesoro, che il proministro delle finanze depositò nella cassa della Camera apostolica. Curiosissimo il verbale di abbruciamento. Comincia:

In nome di Dio, così sia.


e si chiude:

Dopo di che, io, segretario e cancelliere della R. C. A., ho preso tutti i sopradetti boni dei sedicenti governi provvisorio e repubblicano, da abbruciarsi, e dopo essere stati tutti lacerati, sono stati di mano in mano gettati in una cassetta di bandone, appositamente fatta, fuori la loggia corrispondente al cortile di detto palazzo, ove eravi stato acceso il fuoco, e quindi sono stati bruciati alla pubblica vista, avendo ognuno osservato che tutti i medesimi boni erano stati totalmente consunti e distrutti dalle fiamme.

Il palazzo, dove si compiva l’abbruciamento, era la sede presente del Senato, in quel tempo ministero delle finanze. Il verbale porta, come prima firma, quella del ministro Galli, e come ultima, la firma di Felice Argenti, segretario e cancelliere. Questo provvedimento era richiesto dalla gravità della situazione. Roma e lo Stato erano inondati di cartamoneta, emessa dalla repubblica per la somma di circa 7 milioni di scudi, con un aggio di oltre il 20 per cento, nonchè dalla banca pontificia per un altro milione e mezzo. Il ministro Galli dispose che fossero ritirati dalla circolazione, e sostituiti da boni del tesoro, e da certificati di rendita ammortizzabili alla pari in dieci anni, a cominciare dal 1851, in rate semestrali, mediante estrazione. E perciò furono emessi, via via, 50 mila certificati di rendita pubblica, ciascuno di cento scudi, fruttanti il 5 per cento. Venne