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330 | capitolo xvii. |
di 41,000 chilometri quadrati, divisa in diciotto provincie, i cui capi erano giovani ecclesiastici, quasi tutti inclinati alle debolezze umane. Le quattro Legazioni, che dovevano essere governate da un cardinale, erano, tranne Bologna, rette da un prelato, per cui l’occupazione austriaca, con relativo stato d’assedio, processi, vergate e fucilazioni, spionaggi e vendette, non trovava neppure un freno nell’alta autorità del rappresentante pontificio. E perciò, un’irrequietezza quasi morbosa appariva negli ordini sociali che, naturalmente, non andava a vantaggio della pubblica economia, ma solo rendeva più intollerante, più astioso e simulato il carattere della gente. Difficili i contatti fra le provincie, e quasi ogni contatto sospetto; e il passaporto necessario per chi da Forlì, da Ravenna o da Ferrara, volesse andare a Bologna, o a Roma. Era un sistema di compressione, se non sempre violenta, certo petulante e parziale, e perciò produceva effetti opposti. Il protezionismo doganale, fonte di un contrabbando irrimediabile, e il sistema politico, sorgente di odii contro l’autorità; il fidecommesso, la manomorta, e la conseguente immobilità sociale, erano, come da secoli, le cagioni dell’impoverimento.
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Nuove industrie non sorsero in quegli anni. Vivacchiavano le fabbriche di tessuti ordinari a Fossombrone, a Cagli, a Todi, a Bevagna, e quelle di tessuti di filo a Bologna, e piccole fabbriche di cappelli quasi in ogni comune importante. Vi era una raffineria di zucchero a Grottammare, e poche cartiere a Fabriano, a Subiaco e a Guarcino. A Terni, con quel tesoro di forza motrice, esisteva una minuscola ferriera con una fonderia annessa; un piccolo lanificio; un mediocre cotonificio con cento telai e duecento operai, quasi tutte donne, più tardi trasformato in lanificio. E la stessa Terni, centro della grande produzione olearia, non aveva che 46 frantoi, 36 macine per la molitura dei cereali, 12 piccoli opifici per concia di pellami e cuoi, 15 filande di seta, una valchiera per panni, una ramiera e una vetriera, tutta roba minuscola. A Jesi, Osimo, Senigallia, Città di Castello e Perugia, esistevano altre filande di seta, che non prosperavano, non