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primi mesi del 1859 a roma — condizioni generali dello stato 329


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Le più ricche fonti di questo seguitarono ad essere la fiera di Senigallia e i porti franchi di Ancona e Civitavecchia. La fiera raggiunse negli ultimi anni un’importanza commerciale non mai veduta. Se la stagione teatrale seguitò a richiamare nel bel teatro della patria di Pio IX gli artisti di maggior grido e un pubblico numeroso da ogni parte dello Stato, dalla sponda dalmata, anzi da tutto il Levante, dal Veneto e dalla costa del vicino regno di Napoli, arrivavano paranze e trabaccoli, carichi d’ogni varietà di merci e comandati da abili contrabbandieri. Il Misa diveniva grande mercato, perchè quei legni si mutavano in magazzini, ai quali si accedeva mercè piccoli ponti; e contrabbandieri, mercanti e doganieri d’ogni grado guazzavano in tanto ben di Dio. La fiera non durava meno di due mesi; e quando era finita, non si riportava indietro la merce invenduta, perchè nella notte dell’ultimo giorno si trasportava nelle case non soggette a perquisizioni doganali, ed erano generalmente i sotterranei del palazzo vescovile. Senigallia era allora una città fra le più fiorenti dello Stato pontificio; la sua fiera di oggi non è che un ricordo malinconico di quella che fu. Solo rimane lo sdrucito velario, e le tenui botteghe di chincaglierie e pelliccerie false. Si spendeva allegramente da tutti. I porti franchi di Ancona e di Civitavecchia erano fonte perenne di maggiori strappi alle leggi doganali. Si agglomerava la merce nei magazzini, e via via, frodando il dazio, s’introduceva nell’interno dello Stato, con infinite trappolerie. In condizioni simili era un vero miracolo che le dogane rendessero qualche cosa.

Benchè in quegli anni si verificasse un risveglio economico nelle provincie settentrionali, lo Stato era sempre poverissimo nelle regioni, dove più marcato era il disquilibrio fra la terra e i suoi abitatori. Aveva una formazione singolare: una lunghezza tre volte maggiore della larghezza. Da Terracina a Ferrara correvano 635 chilometri, e 202 dalla foce dell’Esino alla costa maremmana, nel punto in cui hanno pace la Marta e la Fiora. Negli ultimi anni la popolazione era cresciuta sino a tre milioni e trecentomila anime, ma ripartita sopra una superficie