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324 capitolo xvii.

giovane nel 1876. La contessa continua la gloriosa tradizione del salone paterno, che fu immagine viva dell’universalità di Roma; e come in quello, così in questo, s’incontrano celebrità e mezze celebrità, che sono, o passano per tali, nella politica, nelle lettere, nelle arti e in tutta la cultura classica, e dove si muove e si rinnova un mondo internazionale, deferente allo spirito fine della contessa, e alla sua bontà grande, mescolata ad una vena inesauribile di arguzia, che ricorda un po’ quella del padre, ma non è egualmente caustica e sarcastica. Il padre, che il Minghetti nei suoi Ricordi definì «iracondo e violento», lasciava il segno coi suoi epigrammi.


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L’anno innanzi, 1858, erano avvenuti altri matrimoni nel patriziato. Donna Eleonora Chigi aveva sposato il conte Giuseppe Macchi; il duca Castiglione Aldobrandi, Carlo Colonna, sposò Adele d’Affry; e la sera del 7 gennaio 1858 furono lette al palazzo Doria le tavole nuziali tra Emilio Massimo, unico figliuolo del duca, e donna Teresa Doria, prima figliuola del principe Giovanni Andrea. Il cardinal Ferretti celebrò quelle nozze; e gli sposi, dopo la tradizionale visita a San Pietro, partirono per Frascati a passar la luna di miele. Il duca Massimo conferì a suo figlio il titolo di duca di Rignano. In quello stesso anno, la sera del 7 aprile, furon letti al palazzo Del Drago, i capitoli nuziali fra il conte Luigi Mastai, il ben amato nipote di Pio IX, con donna Teresa del Drago. Quest’unione non fu modello di felicità. Gli sposi, non più giovanissimi, avevano carattere e tendenze perfettamente opposte. Il Mastai, primogenito del conte Gabriele, era uomo flemmatico, che aveva trascorsa la vita nella quiete di Senigallia, anzi di Roncitelli, piccola terra sulle prime colline della simpatica città. Nel 1848 si era dato un po’ di moto, e divenne amico del Minghetti, che ne fa cenno nei suoi Ricordi. Aveva poi seguito il Papa a Gaeta. Donna Teresa era tutta nervi, immaginosa, e più giovane di lui. Aveva sposato il Mastai, illudendosi di fare la gran vita di Roma, all’ombra del Vaticano; e invece, con sua delusione e cordoglio, Pio IX obbligò i nipoti di andar a vivere nell’antica e tetra casa dei