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teatri, giornali e strenne 317

d’Inghilterra, dove eseguì magnifici ritratti, e fra gli altri uno del principe di Prussia, che fu poi Guglielmo I imperatore di Germania. Ella vive, ma in Roma fa brevi apparizioni. Silvio Spaventa l’aveva conosciuta nel 1848, e se ne ricordava con ammirazione. Il Leoni non fu giudicato iperbolico, se cantò di lei:

O donna agli occhi miei quasi divina
Immagin sembri, che in leggiadre forme
Più la virtute a Dio ne ravvicina.

Scriveva versi Augusto Caroselli, e la sua canzone sull’ultimo canto di Torquato Tasso, ricca di reminiscenze leopardiane, e già letta all’adunanza degli accademici Quiriti al Gianicolo, è forse il più grazioso fra i componimenti di quella strenna, preceduta da un’altra assai scadente, che uscì nel luglio del 1857, dal titolo: I fiori della campagna romana, edita pure dal Castagnola e dal Torlonia, ma non così bene stampata come l’altra. Vi scrissero la Gnoli, Torlonia, Castagnola e Nannarelli. Torlonia cantò l’Amorino e il Ciclamino; il Castagnola, la Ginestra e il Biancospino; il Nannarelli, la Verbena; e la Gnoli, il Narciso e la Viola. Benchè fossero bamboleggiamenti innocui, erano nondimeno sottoposti alla censura. E sull’ultima pagina della strenna vi è tanto d’Imprimatur del padre Larco dei Predicatori, maestro dei sacri palazzi in quell’anno.