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316 | capitolo xvi. |
nè lasciava prevedere che alla distanza di mezzo secolo, di una vita dedicata agli studi, Giulio Orsini avrebbe sollevato così alto nome di sè con l’Orpheus, Fra Terra ed Astri, e Jacovella. I versi migliori furono scritti dalla Gnoli, dal Castagnola, dal Nannarelli e dal Torlonia. Un’ode di quest’ultimo, ad imitazione del persiano di Hafiz, si chiude con questa strofa sentimentale:
Il vino e i lieti cantici |
Ed Ettore Novelli, futuro bibliotecario della Angelica, pubblicava un sonetto senza capo nè coda, dedicato al Castagnola, e che comincia:
Se il ciel m'aiuti, o Paolo, entro dal nicchio |
Parecchi di quei vati vennero in fama nei nuovi tempi. Il Ciampi e il Nannarelli divennero professori di Università; il Checchetelli si buttò nella politica, e Quirino Leoni entrò nelle Ferrovie Romane. Questa strenna doveva, per convinzione dei raccoglitori, aprire una comune palestra ai giovani ingegni. Notevole questo, che, fra i vari scrittori, non vi fu un ecclesiastico, e di poetesse due sole, la Gnoli e Francesca Cantalamessa Meyer. Il Leoni vi pubblicò una canzone o inno d’esaltazione alla bellezza e al talento di Emma Gaggiotti, di Ancona, che sposò l’inglese Richards, e poteva annoverarsi, com’è detto in una nota, «fra i principali ornamenti della nostra Italia. L’arpa e il piano sono da lei toccati con gusto e maestria, e niuno la vince nella soavità del canto; parla con facilità ed eleganza l’inglese, il tedesco, il francese, lo spagnuolo, e riunisce in se tutte le grazie di una squisita cultura». La Gaggiotti fu davvero una delle maggiori bellezze della sua età. Ella fu pure pittrice distinta, e chiamata, come tale, alla corte di Berlino e