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284 | capitolo xv. |
Un processo venne iniziato contro il padre Pier Gaetano Feletti dell’Ordine dei predicatori, il quale fu tratto in arresto il 2 gennaio 1860, sotto l’imputazione di essere stato l’autore morale del rapimento. Egli non lo smentì, anzi lo giustificò per dovere di carica. Il tribunale dichiarò però non esser luogo a procedere, nè contro di lui, nè contro il tenente colonnello dei gendarmi Luigi de Dominicis, esecutore degli ordini del padre Feletti, e questi fu «dimesso dal carcere» dopo tre mesi e mezzo. La sentenza merita davvero, nell’interesse della verità storica, di venir pubblicata integralmente. Essa è tolta dal processo, ch’è nell’archivio di Stato di Bologna, e completa la storia precisa di quell’episodio di inverosimile fanatismo religioso.
RELAZIONE
Nel giugno 1858 la città di Bologna fu contristata da un atto inumano della Inquisizione del Sant’uffizio. Un fanciullo non ancora settenne, per nome Edgardo, venne dai gendarmi pontifici, per ordine di quella, strappato ai suoi genitori israeliti Mommolo e Marianna coniugi Mortara, adducendosi per motivo che gli si era a tradimento conferito il battesimo.
Di coerenza agli ordini della Santa Inquisizione diretti al tenente colonnello Luigi de Dominicis, nella sera 23 detto, il maresciallo Lucidi ed il brigadiere Giuseppe Agostini, travestito quest’ultimo in abito borghese, con buona scorta di dipendenti si trasferirono alla casa dei Mortara nella via delle Lamme, ma incontrata viva resistenza da parte de’ genitori, si astennero dall’usare la forza, ed annuirono che qualcuno si conducesse ad intercedere al Sant’uffizio, conforme, opportunamente chiamati, vi si recarono i parenti Angelo Padovani ed Angelo Moscato, e così, non senza lungo supplicare in favore della madre, avente altra creatura lattante, ottennero una dilazione di ventiquattro ore, rimanendo però in luogo due gendarmi a tenere di continua vista il ragazzo. Dopo inutili pratiche fatte nell’indomani dal Padovani e dal Moscato per reclamare agli eminentissimi arcivescovo e cardinal legato, dopo un ultimo tentativo del padre alla Santa Inquisizione per avere una ulteriore proroga, fu giuoco-forza sottomettersi al rigoroso decreto. Allontanata pertanto la madre, e guidata in altra casa, allo spirare del prescritto tempo, i gendarmi levarono il fanciullo dalle braccia del padre, e mentre questi per l’ambascia cadeva svenuto sulle scale, era quello portato in una carrozza, e, condotto alcune miglia fuori di città, con altra vettura veniva dall’Agostini accompagnato a Roma, e rinchiuso nell’ospizio dei Catecumeni per esservi allevato nel cristianesimo.
Questo fatto, riprovato dalla pubblica opinione e lamentato dai coniugi Mortara innanzi la Corte pontificia, non valse loro ad ottenere che il meschino conforto di riabbracciare qualche volta il perduto figlio nel suaccen-