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viaggio del papa nelle provincie 273

mante e curiosa, e furono udite le caratteristiche grida: «la benedizione, Santo Padre». Allo sportello di destra cavalcava il generale Goyon. La porta del Popolo era adornata da grandi festoni; e come fu giunto, il festivo scampanio di tutte le chiese, e il tuonare del cannone annunziarono alla città il ritorno del suo sovrano. La via di Ripetta, il ponte Sant’Angelo e il Borgo Nuovo formicolavano di curiosi. La piazza di San Pietro, non gremita, parve che raffreddasse l’entusiasmo, ma è noto che quella piazza non si riempe mai. Sulla scalinata era schierato il Capitolo Vaticano, insieme al corpo diplomatico. Il Papa discese e ringraziò tutti; e seguito dal numeroso corteo, entrò nella basilica, pregò sulla tomba degli Apostoli, baciò il piede del santo; e poi, sempre a passo sollecito, per la scala di Costantino, tornò nei suoi appartamenti.

Per festeggiare il ritorno del Pontefice, il municipio distribuì, a mezzo dei parroci, dei boni per centoventimila libbre di pane, e settanta mila di carne, e concesse inoltre dugento scudi per gl’israeliti poveri, non senza esprimere il voto che fossero liberati dal carcere i detenuti per debiti, a tutto il 31 agosto. Nè furono questi i soli atti di pubblica letizia, che contrassegnarono la fausta ricorrenza. L’amministrazione della tassa sui cavalli condonò ai vetturini gli arretrati degli ultimi cinque anni; l’appaltatore della pescheria concesse dieci doti a nubili povere, e trenta ne assegnò la Cassa di risparmio. Più larga la società della ferrovia Pio-Centrale, concesse una dote per parrocchia. Ai detenuti fu distribuita doppia razione e vino; il principe Marcantonio Borghese fece estrarre nella sua villa una lotteria di beneficenza, ed un solenne Te Deum fu fatto cantare, nella loro chiesa di San Giovanni, dai toscani residenti in Roma, i quali avevano fatto già celebrare un triduo per invocare dal loro patrono la buona salute di Pio IX, durante il suo soggiorno a Firenze.

Quel viaggio, che durò quattro mesi, fu infecondo purtroppo di qualsiasi effetto politico, anzi concorse ad alienare le ultime speranze di una conciliazione fra i desiderii di riforme, e i pregiudizi prevalenti nell’indirizzo del governo. A Bologna il Papa parve addirittura prigioniero dell’Austria. Fosse angustia di mente; fossero gli artifici di coloro, che lo circondarono, o pro-