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viaggio del papa nelle provincie 265

assegnamento, che poteva farsi su Pio IX; nè la notorietà dei personaggi e del luogo potè lasciar passare inosservato il patriottico convegno. Il Minghetti accenna a quel pranzo, ma per quanto esauriente sia la narrazione, per tutto ciò che concerne lui e la dimora di Pio IX a Bologna, trascura altre circostanze, il cui silenzio trova giustificazione nel fatto, che i Ricordi, se non lo avesse colto la morte, erano destinati ad essere in vari punti integrati.


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Gl’indirizzi dei cittadini chiedenti riforme, e provocati dal Pasolini e dal Minghetti principalmente, non fu possibile farli giungere al Papa. L’indirizzo di Bologna, sottoscritto da cento fra i maggiori cittadini, fu consegnato al senatore Da Via; ma questi non ebbe l’animo di respingerlo, come gli era stato ingiunto, nè di presentarlo al Papa. Quell’indirizzo manifestava i voti più urgenti circa le riforme amministrative e legislative, e vi si chiedeva l’elezione dei Consigli comunali, promessa nel motuproprio, che doveva considerarsi come legge fondamentale dello Stato. Il Minghetti trovò modo di parlare di quei voti, ma il Papa o non rispondeva a tono, o rispondeva così: i popoli sono incontentabili. Ho fatto una prova troppo dolorosa. E quando il Minghetti gli disse: quest’occupazione straniera è un’umiliazione perenne per il paese; è una macchia alla dignità stessa del governo, Pio IX rispose: avete ragione. Ma come si fa? Poi l’occupazione a poco a poco si restringe. E il Minghetti: finchè v’é un soldato austriaco nelle Legazioni, io le confesso che ne sento rossore. V. S. dovrebbe avere un esercito suo proprio, bastevole a mantener ordine e la tranquillità. E qui non ebbe risposta; ma il giorno 23 giugno il Papa scriveva da Bologna al fratello Gabriele, riferendosi ai due partiti a lui ostili: il primo, più esagerato e sanguinario, non mi turba affatto; il secondo, più volpino e menzognero, qualche volta mi annoia; e soggiungeva: ho veduto Minghetti, e gli ho detto che in Bologna egli è uno dei primi nemici del governo pontificio. Egli veramente temeva i costituzionali, ma gli ripugnava di confessarlo, e li temeva sapendoli strumenti della politica di Cavour, che si veniva sempre più svelando e accentuando. L’emi-