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264 capitolo xiv.

gliarsi tutta l’Italia. Egli non si nascondeva infatti che tutto il pericolo veniva di là, come non se lo nascondevano Ferdinando II di Napoli, il granduca di Toscana e i duchi di Modena e di Parma, e come, meglio di loro, l’intendeva la corte di Vienna. E tanto era il Papa consapevole di quel pericolo, che in uno dei discorsi tenuti col Minghetti, perdendo ogni misura, non dubitò di uscire in queste aspre parole contro il Piemonte: Già vi si sta male. Vi si perseguita la religione. Ogni oltraggio che si può fare alla Chiesa non si tralascia.1l Re... poveretto, farebbe meglio a trebbiare il grano! V’è un ministro incredulo, il Rattazzi; Cavour ha ingegno, ma dubito che anch’egli abbia poca religione. L’avversione del Papa verso il Piemonte era particolarmente acuita dal ricordo del Congresso di Parigi. Non era a lui nascosto, che la nota contro il governo pontificio, della quale si era servito Cavour, nella seduta dell’otto aprile, era stata manipolata a Bologna dal Minghetti e dai suoi amici, tanto che, nell’ultimo colloquio con costui, per istrappargliene la conferma, non seppe tenersi dal dimandargli a bruciapelo: parlatemi chiaramente come al confessore, la nota a Cavour fu manipolata a Bologna?

E della sua animosità contro il Piemonte volle il Papa dare una chiara e pubblica prova, quando, per ricevere il Boncompagni, incaricato da Vittorio Emanuele di recarsi a fargli speciale omaggio, scelse proprio il giorno, e quasi l’ora stessa, in cui dal balcone del palazzo comunale impartì la benedizione alle truppe austriache, sicchè il ministro sardo dovè assistere allo spettacolo del loro schieramento sulla piazza, per la quale doveva passare. Nella visita del Boncompagni il Papa non vide che una canzonatura, ed essendoglisi fatto credere che il Minghetti avesse dato un pranzo a quel diplomatico, non seppe tenersi dal farne le sue lagnanze al suo ex-ministro, dovechè quel pranzo era stato invece offerto alla sua villa della «Croce del Biacco» dal conte Giovanni Malvezzi, con l’intervento di parecchi amici, tra i quali furono il Minghetti stesso, e il marchese Tanari, cognato del Malvezzi. La stessa villa aveva ospitato, nel 1797, il generale Bonaparte e Giuseppina, ed era poi stata devastata dagli austriaci nel 1849. Di quel simposio fu principale argomento la fede nelle sorti italiche, e lo scarso