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viaggio del papa nelle provincie | 261 |
l’alunno undicenne Tito Pasqui gli fu recitato un componimento in versi latini. Questo ragazzo fu, due anni dopo, uno dei più irrequieti distributori di cartellini rivoluzionari; poi volontario di Garibaldi nel Tirolo, e a Mentana. Oggi è ispettore generale al ministero d’agricoltura. Nel pomeriggio del 5 il Papa prese la via di Faenza, e avanti di partire conferì al gonfaloniere Pietro Guarini la conferma per tre anni di tale dignità, e la commenda dell’ordine Piano; la stessa commenda al marchese Albicini, consultore di delegazione, e la croce di cavaliere dell’ordine di San Gregorio al conte Francesco Mangelli, anziano municipale, e altre croci ad altri personaggi.
A Faenza tre amministratori provinciali di Ravenna, il marchese Vincenzo Cavalli, il conte Cesare Rasponi Bonanzi, e il dottor Giuseppe Malagola, rinnovarono al Papa l’invito di una visita a quella città, già a lui fatto in Loreto, da una deputazione composta del gonfaloniere e degli anziani Francesco Donati e Ippolito Rasponi. Giunto in Imola la sera del 7 giugno, vi fu accolto con devota espansività. L’attendeva il marchese Pallavicini, per ossequiarlo a nome della duchessa di Parma; s’intrattenne con molte persone, ed ebbe col conte Giuseppe Pasolini il primo colloquio politico, che questi riferisce nelle sue memorie1. E in quel colloquio Pio IX rivelò apertamente l’animo suo. Io ho visto, disse al Pasolini, le magistrature di tutti i paesi; tutte mi hanno parlato di bisogni locali, cui mi sono sforzato di sodisfare il meglio possibile, nessuno di bisogni governativi. Ed era naturale, dopo quanto si è detto, che le magistrature si limitassero ad invocare provvedimenti d’indole locale, astenendosi dal suggerire qualsiasi riforma nella giustizia, nella polizia e nelle amministrazioni pubbliche, soprattutto delle ricche e numerose opere pie. E quando il Pasolini gli rispose: a Bologna Vostra Santità troverà bene spiegata questa necessità, il Papa saltò fuori con queste parole: Là c’è la quintessenza di liberalismo; ed aggiunse: ma se questi governi liberali debbono assomigliare a quello del Piemonte, debbono essere anticristiani, ed in fondo disgustare una parte grandissima della popolazione. La quale risposta, confermata in altri successivi colloqui, ch’ebbe a Bo-
- ↑ Giuseppe Pasolini. Memorie raccolte da suo figlio. Imola, Galeati, 1881.