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256 | capitolo xiv. |
opera, benchè vanamente, per attutire gli ardori delle popolazioni campagnole.
Le dimostrazioni ad Assisi non furono eccessive, ma dal ponte San Giovanni, su su per la pittoresca strada, che s’inerpica sulla collina, assursero ad una nota entusiastica. Da ogni parte della valle fu un accorrere di contadini, dell’uno e dell’altro sesso, raggruppati per parrocchie, coi rispettivi pastori alla testa, ed un risuonare di evviva e di grida imploranti la benedizione. A porta San Pietro il Papa venne incontrato dal giovinetto Carlo Salvatore, secondogenito del granduca di Toscana, il quale, accompagnato dal gran ciambellano, principe Corsini, e dal maggiordomo Arrighi, era venuto a salutarlo da parte di Leopoldo II. Il Papa alloggiò nello storico palazzo del delegato, dove ora è il municipio, mentre il figlio del Granduca fu ospite di casa Conestabile della Staffa. Lungo il percorso, le campane delle numerose chiese suonavano a festa, e lo scampanio, che quasi soffocava i concerti, fece appena avvertire qualche isolato segno d’applauso. Quando il Papa giunse al duomo, la piazza si riempì tutta, in attesa della benedizione. Poco dopo Pio IX comparve sulla loggia del palazzo; allora si udì distinto, nelle vicinanze della scala, un grido di evviva, emesso con tremula voce da un curato di campagna, e ch’ebbe breve seguito di battimani da parte dei contadini, aggruppati intorno a quel prete. Il dì seguente il Papa, accompagnato dal vescovo, e dal delegato, visitò il duomo, l’Università, San Pietro, San Domenico e la privata colonia agricola del Bianchi; invitò a pranzo il principe toscano, e le autorità di Perugia; e nel partire, ricevette l’omaggio di un ricco album, contenente la riproduzione dei monumenti storici della città, dipinti ad acquerello dai giovani artisti dell’istituto di belle arti, fra i quali il Bruschi, il Moretti e il Salvatori, che poi salirono in fama.
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Il Papa partì, il giorno dopo, per le Marche, scendendo a Foligno; e di là, per Colfiorito, su per l’Appennino, si recò a Loreto, dove fu ossequiato dall’intendente di Teramo, e dal brigadiere dei sedentari, De Carolis, che aveva un comando di piazza negli Abruzzi, e dai consoli di Francia e d’Austria, di