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244 capitolo xiii.

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Il memorandum del Gualterio ribadiva, rispetto alle condizioni dello Stato del Papa, e all’occupazione austriaca, ciò che Cavour aveva scritto nella relazione sulle condizioni generali dell’Italia, in risposta alla domanda, che l’imperatore Napoleone gli aveva diretta, quando nel novembre 1855 accompagnò il Re a Parigi, e a Londra, e condensata nelle famose parole: que peut-on faire pour l’Italie?

A proposito di questo viaggio del Re, è da rammentare una interessante pagina dei ricordi di Costantino Nigra, pubblicata in un giornale di Torino, e da lui confermatami con altri particolari:


Il risultato più serio della visita del futuro Re d’Italia a Parigi, narra il Nigra, fu questo. In una riunione dopo pranzo alle Tuileries, l’Imperatore rivolse al conte di Cavour questa domanda: Que peut-on faire pour l’Italie? Cavour rispose: La demande est trop sérieuse et vient de trop haut pour qu@’on puisse lui donner une réponse immédiate. Cette réponse je m’empresserai de la faire soumettre à Votre Majesté aussitòt que je serai de retour à Turin. Cavour, dopo averne conferito col Re e con Massimo d’Azeglio, confidò a quest’ultimo la cura di scrivere, in forma di memoria, la risposta alla domanda di Napoleone.

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Appena di ritorno a Torino, Massimo d’Azeglio si pose a compilare la memoria in risposta alla domanda dell’imperatore Napoleone qui sopra riferita. Egli abitava allora un modesto quartiere in via dell’Accademia delle Scienze. Cavour mi mise a di lui disposizione, affinchè io facessi subito una copia della memoria, e gliela portassi per la firma e per la spedizione al marchese di Villamarina a Parigi. Passai tutta una giornata e tutta la notte successiva nel gabinetto di studio del D’Azeglio, per fare quella copia, e la portai il mattino alle 7 a Cavour. Gli lessi ad alta voce il lungo documento. Non l’approvò, osservando con ragione che, malgrado l’eleganza della forma, avrebbe corso il rischio di non esser letto dall’Imperatore a cagione della sua prolissità. Il mattino seguente, entrando nello studio di Cavour, lo trovai già seduto a quella tavola, coperta di libri, fascicoli, riviste, atti parlamentari relativi a questioni politiche, economiche, morali, intorno alla quale si stava maturando il fato d’Italia.

Stava egli scrivendo la minuta d’una nuova memoria, diversa in più punti da quella di Massimo d’Azeglio, e più concisa. Me la lesse il giorno dopo, guardandomi sovente in faccia, come se volesse spiare l’impressione