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242 capitolo xiii.

una garanzia di durata nella volontà assoluta ed efficace dell’Europa. Idee speciali non vogliamo formulare, contenti di avere indicato lo scopo, che desideriamo sia raggiunto perchè vogliamo che l’Europa sia convinta che quando questo sotto una od altra forma sia veramente assicurato, il concorso degli uomini savi ed onesti non mancherà, perchè nella loro mente non trovansi idee così esagerate, che li facciano andare in cerca del meglio rifiutando il bene, come nel loro cuore non annidano passioni che facciano ragionevolmente temere per l’avvenire. Essi bramano il bene del loro paese, e nulla più. Hanno creduto adempiere un dovere con l’additare francamente, e lealmente un gravissimo pericolo, perchè se oggi non lo facessero, verrebbe giorno che da un lato sarebbero tacciati di pusillanimità, e di non aver parlato quando era tempo, e dall’altro si riverserebbe sul loro capo la responsabilità dei disordini, che verrebbero immancabilmente ed ai quali non sarebbe in loro potere anche con inutile sacrificio d’opporre un argine efficace. Per indicare quale e quanto sia questo pericolo dell’avvenire per lo Stato romano, non troviamo veramente parole più adatte di quelle con le quali l’illustre capo attuale della nazione francese conchiudeva, in altri tempi, suoi frammenti storici: «L’exemple des Stuarts prouve que l’appui étranger est toujours impuissant à sauver les gouvernements que la nation n’adopte pas. Et l’histoire d’Angleterre dit hautement aux Rois: marchez à la téte des idées de votre siècle, ces idées vous entraînent; marchez contre elles, elles vous renversent». (Napoléon III, Fragments Historiques, 16881830). Nutriamo quindi ferma fiducia che i plenipotenziari, chiamati a riparare gli errori fatti in Vienna dai loro predecessori, non dimenticheranno le conseguenze di quegli errori, e non porranno in non cale i voti di una parte così nobile d’Italia, la quale pur fu la culla della civiltà europea.


A margine si legge la seguente annotazione manoscritta:


NB. Perchè non fosse anonimo, o individuale, fu prima da me sottoposto alla sanzione dei capi delle diverse frazioni liberali, cioè: per gli uomini del ’48: Pantaleoni, Savi Tommassoni, Orioli Augusto. Per i principi: Cesarini, Aldobrandini, Rignano; per la Consulta: Bevilacqua e Trotti; per il partito d’azione: Silvestrelli, Silvagni e altri. Avuta la sanzione di tutti a nome anche dei loro amici, restava a far sì che l’atto, non più individuale, ma complessivo, benchè fatto da me, fosse palesato in modo da non compromettere quelli che lo approvavano. Troppo incerto era tuttavia l’andamento della politica europea, perchè si potessero esigere le firme da chi approvava. Presi il partito di farmi io garante, e assicurare sulla mia parola d’onore aver sottoposto quell’atto alle persone più autorevoli in Roma, e averne avuta la sanzione.

Per tal modo l’atto non era più anonimo, e non perdeva del suo valore di complessivo; l’atto adunque fu accompagnato da tre mie lettere, una al conte Walewski, l’altra al conte di Cavour e al marchese di Villamarina, l’altra a sir James Hudson, incaricato di mandare la copia a lord Clarendon,