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diplomazia e congresso di parigi 229

che quasi tutti cercavano distrazioni nelle frivolezze della vita mondana, e tranne il Sartiges, che vi si trovò nel tempestoso anno 1867, gli altri, nel complesso, furono uomini mediocri. Solo perchè tali, potevano accomodarsi ad una situazione sostanzialmente falsa, come quella di rappresentare una nazione liberale, che aveva, con la forza delle armi, ripristinato il potere assoluto dei Papi, e un sovrano, ch’era lo spirito men clericale di Francia: un idealista alla ricerca di componimenti fra tendenze ed interessi, sovente i più opposti. Questo sovrano, che aveva il culto dell’amicizia e della gratitudine, e la fede nei principii di nazionalità e d’indipendenza, conosceva bene le condizioni dello Stato del Papa, dove contava amici fra i compagni di Università e di cospirazione, nonchè numerosi congiunti, che sovveniva largamente, nessuno eccettuato, anche i men bisognosi. Egli sognava una riforma tutta ideale del governo pontificio, singolarmente nelle Legazioni e nelle Marche: una riforma, che sanasse le vecchie piaghe, con oneste amministrazioni laiche, e soprattutto senza il puntello delle armi austriache. Éra un sovrano plebiscitario, che aveva dovuto uscire dalla legalità per entrare nell’ordine, e anche per questo, tra il pensiero e l’azione sua correva spesso tale distanza, che l’azione, singolarmente negli ultimi anni, riusciva fiacca o paralizzata, e qualche volta in opposizione del pensiero. I suoi ambasciatori a Roma di rado ne penetrarono la mente, nè erano in grado di fare opera politica, che meritasse tal nome, sia perchè il loro potere era diviso con i comandanti militari, che si credevano veri proconsoli; sia perchè, non ostante le scambievoli manifestazioni di fiducia, la Santa Sede non fu mai convinta della sincerità di Napoleone III e del suo governo: epperò ogni consiglio era accolto con diffidenza, o se ne voleva trovare un secondo fine. Il solo governo, che godesse costantemente la fiducia del Papa, fu quello dell’Austria, e in ciò la Santa Sede non veniva meno alle sue tradizioni. Gli ambasciatori austriaci a Roma erano davvero i più graditi e i più ascoltati, mentre il lavoro diplomatico dei rappresentanti francesi si riduceva, in sostanza, ad una schermaglia di anticamera. Il De Rayneval, succeduto al Baraguay, mostrava tendenze clericali, ed apparteneva difatti a quella categoria di scettici e clericali insieme, che fiorirono in Francia a tempo del