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le strade ferrate | 205 |
progetti, dai quali si riprometteva il rifiorimento economico di Roma; ma, dato fondo al denaro, ripiombò nelle angustie. Morì dopo il 1870, nell’oscurità, egli che aveva rappresentato a Roma tanta parte, ed aveva persino fondato un giornale ferroviario. Negli ultimi tempi non risparmiava vituperi a quasi tutti gli amministratori delle ferrovie romane, e più ai costruttori e fornitori, rivelandone le innumerevoli magagne in un opuscolo, sparito dalla circolazione. |
Il Gentilucci, scrittore alla segreteria di Stato, era un dantomane irrequieto, un erudito all’antica, e «cognito negoziante di quadri vecchi», come lo fece battezzare il Manzi dai suoi avvocati. Aveva scritto il Perfetto leggendario dei santi, opera in dodici volumi, nei quali sono istoriati i santi dell’anno, nonchè Le cento sacre famiglie, con illustrazioni del pittore Bigioli. In onore del poeta del suo cuore, fece illustrare da Carlo d’Ormeville numerosi dipinti di soggetti della Divina Commedia, i quali, esposti prima in un salone del palazzo Altieri, furono poi trasferiti nella gran sala del palazzo Poli, a ridosso della fontana di Trevi, che da quel giorno prese il nome di sala Dante. Nè egli, nè il Manzi disponevano di mezzi pecuniari, quando nel 1853, apostoli dell’idea ferroviaria, fecero il primo viaggio a Parigi. Il Gentilucci era divenuto socio «capitalista» del Manzi, senza riuscire però a sborsare che sole 5500 lire, prese su cambiali! Sosteneva che gli si dovesse la metà giusta del compenso, assegnato al suo socio, rifiutando l’offerta da questo fattagli, di 43,000 scudi. Di qui il litigio, cui si è dianzi accennato, per troncare il quale, il Gentilucci accettò quella offerta non senza postumi rimpianti, nè senza minacce di scandali contro il suo avversario, al quale attribui, tra l’altro, di aver tratto profitto dalla sua ignoranza del francese per ingannarlo! Le allegazioni di quella causa, scritte da valorosi avvocati, non si leggono senza curiosità, tanta è la messe, che vi è raccolta, di particolari esilaranti.
Tornato a Roma, dopo aver riscosso a Parigi gran parte di quella somma, il Gentilucci la dissipò in breve tempo, e morì quasi in miseria a Fabriano. Era un uomo, che univa alla cultura un’’arguta giocondità, la quale. gli adunava d’intorno larghe simpatie, come, per la stessa festosità del carattere, molte ne