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196 | capitolo xi. |
tore del regno e sindaco di Roma; Francesco degli Abbati; Cesare Leonardi, che nella primavera del 1859 abbandonò le ferrovie, e andò a combattere le guerre dell’indipendenza; Anatolio Vescovali, conosciuto dagli amici col vezzeggiativo di «Tollo» e fratello di Angelo; e infine Pietro Pierantoni, che diresse col Canevari i lavori della linea di Civitavecchia.
Nei patti dei capitolati vi era del buono, senza dubbio, ma non usciva dal campo accademico. Così, per esempio, le strade dovevano essere costruite ad un solo binario; ma se avvenisse di costruirne un secondo, doveva la società acquistare i terreni fin da principio, ed eseguire i lavori d’arte. Il secondo binario diventava obbligatorio sol quando il prodotto chilometrico avesse raggiunto le lire 25 mila. Si era ben lontani dal prevedere che, crescendo con gl’introiti le spese, dovessero queste rappresentare non più il cinquanta ma l’ottanta per cento. Oggi il nuovo binario, che tanto giustamente s’invoca sulla Bologna-Brindisi-Gallipoli, dovrebbe essere, con quei criterii, costruito solo quando quella linea rendesse 80 mila lire al chilometro! Si obbligava la società a difendere le linee con siepi, muri, steccati o fossi, e costruir barriere ai passaggi a livello. Alla società per la Roma-Ancona-Bologna si faceva obbligo di non incominciare i lavori, nè compiere alcuna espropriazione, se non avesse giustificato di aver costituito un fondo sociale di 50 milioni di lire, e l’esistenza in cassa del decimo di questo fondo. Alla Pio-Latina era imposto l’obbligo di un fondo di sei milioni e mezzo con la esistenza in cassa del decimo, ma nessuno, per conto del governo, verificò mai queste casse, come si trascurò ogni vigilanza circa le costruzioni. Si concedevano alle società privilegi eccezionali: servirsi, per esempio, del telegrafo dello Stato con tariffa di favore, oltre all’entrata in franchigia di tutto ciò che doveva servire per la costruzione, l’armamento e l’esercizio, compreso il carbone. Benchè s’imponesse di esibire la prova autentica delle suddette importazioni, gli abusi erano infiniti, e per varii anni entrarono esenti da dazio tutt’i prodotti, attinenti al disegno, ed all’uso della carta. Le società potevano liberamente scegliere il proprio direttore, nonchè i macchinisti e gl’impiegati, pei quali si richiedeva una «positiva pratica speciale», ma tutti gli altri impiegati ed operai «dovevano es-