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194 | capitolo xi. |
siderata come società straniera, anzi antinazionale per il colore politico dei suoi amministratori a Parigi e dei rappresentanti in Italia, ella aveva tutto un passato da far dimenticare, passato di leggerezze, e di magagne finanziarie e morali. Ma l’origine dei guai suoi va principalmente ricercata nei capitolati di concessione. Il governo pontificio concedeva a tutte spese, rischio e pericolo degli assuntori, la costruzione e l’esercizio per 95 anni, col diritto di riscatto, e garentendo alla Roma-Bologna un prodotto minimo di dieci milioni di lire per 54 anni, quello di un milione e 625 mila lire alla Pio-Latina, ma imponendo l’obbligo di ammortizzare il capitale durante la concessione. E credeva di aver fatto con ciò un buon affare, mentre viceversa le società facevano il comodo proprio, lavorando male, e creandosi da loro stesse la propria rovina.
Un misto di supina illusione, e di raffinata malafede fu la nota di quei contratti. Il governo si studiava di dare il meno possibile, e i concessionari, pur di ottenere le concessioni, non si curavano di formarsi, in base di studi, di progetti e di preliminari indagini statistiche, un concetto neppure approssimativo della spesa di costruzione, e meno del traffico. Le ferrovie dovevano, dalla sera al domani, creare il commercio e la ricchezza. La società Casalvadés aveva appena iniziati i lavori sulla linea Ancona-Bologna, che già ne chiedeva al governo il prolungamento sir al Po; a sud, sino al Tronto; e a nord sino a Ravenna, con un tronco da distaccarsi a Faenza, il quale, per ragioni storiche ed artistiche, trovo un autorevole patrocinio nel conte Giuseppe Pasolini. La società domandava di fare gli studi a sue spese, e d’essere preferita nella concessione. E correndo da Bologna a Pontelagoscuro 50 chilometri; 35 da Faenza a Ravenna, e circa 90 da Ancona al Tronto, essa chiedeva, a cuor leggero, un blocco di altri 175 chilometri, senza sussidio o garanzia di minimo! Sono a tal proposito degne di esser ricordate le parole, con le quali in un’istanza del 22 novembre 1857, scritta dal Gerardi, la società giustificava la concessione sino al Tronto: «La linea di cui si tratta», diceva quella istanza, «è il prolungamento della strada ferrata da Bologna ad Ancona; essa forma parte ancora della ferrovia, che, mettendo capo a Brindisi, deve porre la Francia e l’Italia in retta e sollecita co-