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188 | capitolo xi. |
in dieci anni, con la garanzia del governo di un prodotto minimo di dieci milioni, per 54 anni. Ma la deficienza assoluta degli studi, e le imprevedute difficoltà tecniche nei vari e stretti passi dell’Appennino, e infine nella franosa e arida gola tra Fabriano e Serra San Quirico, nell’alta valle dell’Esino, facevano procedere i lavori assai lentamente. E se si aggiungono gl’imbarazzi finanziari della società, le discordie fra i suoi ingegneri, e l’incompetenza dei suoi amministratori, in maggioranza stranieri, non parrà strano che anche nella parte più facile della linea, fra Ancona e Bologna, i lavori non procedessero con maggiore alacrità.
Quando nel 1857 Pio IX fece il suo ultimo viaggio nelle provincie, notò che alle Case Bruciate non lavoravano più di 200 operai, e anche meno presso Faenza, diretti questi ultimi dal signor Froyer, autore degli studi sommari dell’intero tracciato. Di questa scarsezza di operai il Papa fu molto malcontento, e dopo il suo ritorno, il Giornale di Roma del 7 agosto annunziò essere stati impartiti gli ordini, perchè i lavori fossero affrettati, non solo sul tratto Roma-Terni-Foligno, ma sull’altro da Ancona per Sinigaglia, Pesaro, Rimini, Forlì, a Bologna, da innestarsi sul confine modenese alla linea «internazionale dell’Italia centrale». Ed è a ricordare, che sin dal marzo del 1856 i rappresentanti delle cinque potenze interessate, cioè l’Austria, Modena, Parma, la Toscana e lo Stato pontificio, avevano concesso al duca di Galliera, quale procuratore delle ferrovie del Lombardo-Veneto, il diritto di costruire ed esercitare quelle linee da Piacenza per Parma, Reggio, Modena e Bologna, e di là, risalendo il Reno, superare l’Appennino e unirsi, a Pistoia, alle linee toscane. E quella società non era davvero da imputar di lentezza, perchè aveva nel 1857 quasi compiuto il gran ponte sul Reno a quindici archi, tanto che Pio IX, trovandosi a Bologna, potè benedire la fondazione della settima pila. Il fatto però è, che per la linea pontificia nè sollecitazioni, nè minacce approdarono a nulla, e nel 1859 non era aperto all’esercizio neppure un chilometro. Scoppiarono perciò più violenti, nel secondo semestre di qnell’anno, gli attriti fra il governo dell’Emilia e la società, perchè questa desse più vigoroso impulso ai lavori, e aprisse almeno il tronco da Bologna alla Cattolica.