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2 | capitolo i. |
vori pubblici, Camillo Iacobini, detto «Iacobinetto» o «Camilluccio» per la sua minuscola statura; il principe Gabrielli, che in quei giorni fungeva da ministro delle armi, e altri minori, andati ad incontrare il Papa all’Epitaffio.
Dalla parte del Re si vedono suo fratello il conte d’Aquila, il loro cognato don Sebastiano di Spagna, monsignor Garibaldi, nunzio pontificio a Napoli, e altri dignitari. Unico personaggio a cavallo è il maggiore Alfredo Dentice di Frasso, nella sfarzosa divisa di ussaro della guardia reale. Quest’ufficiale, appartenente all’alto patriziato del Regno, e fratello minore di Ernesto, che fu deputato di Brindisi e poi senatore del regno d’Italia, ebbe il comando dello squadrone, che scortò il Papa da Caserta a Terracina, comando che cedette poi al maggiore Resta, nell’ultimo tratto da Terracina a Genzano. E Ferdinando II volle dare a Pio IX un attestato di riverenza singolare, accompagnandolo non sino a Portella, limite della frontiera napoletana, ma sino all’Epitaffio, frontiera pontificia, e facendolo scortare da soldati napoletani sino alle porte di Roma, così come le poste napoletane fornirono i cavalli sino a Terracina.
Il viaggio durò otto giorni, perchè compiuto a piccole tappe, per strade malagevoli, e sotto non infrequenti piogge. Il Papa faceva sosta la notte, secondo le necessità di allora. Partito in ferrovia il giorno 4 aprile, terza festa di Pasqua, da Portici, dormì a Caserta; e da Caserta mosse il dì seguente, col Re e i principi in berlina di corte, tirata da sei cavalli, molto comoda, ma pesante, costruita a Napoli e con le maniglie formate da chiavi pontificie, senza triregno. Fece colazione a Capua da quell’arcivescovo, cardinale Serra Cassano, e dormì a Sessa. Il di seguente sostò, prima al ponte del Garigliano, dove si erano riunite le popolazioni di Traetto e dei vicini paesi, per ricevere la benedizione, e poi a Gaeta. Qui giunto, si recò al duomo, ascoltò la messa, ammise al bacio del piede il clero, i seminaristi, il comandante la fortezza, l’ufficialità e le autorità tutte. Nel palazzo arcivescovile era preparato un pranzo sontuoso; e finito questo, il Papa benedisse le truppe e la popolazione dalla loggia dell’episcopio, mentre il forte di Santa Maria e le navi da guerra facevano le salve, e le campane suonavano a festa. Nella ber-