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cospirazioni e cospiratori - il processo del 1853 | 163 |
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Ma sbollite le prime impressioni, i mazziniani ripresero animo, ed un po’ eccitati dalla calda parola del maestro e un po’ impazienti di una rivincita, dopo l’insuccesso di Milano, si dettero ad organizzare un’insurrezione a Roma, la quale doveva essere aiutata da una banda di emigrati, che sarebbero scesi fra Palo e Civitavecchia, al comando di Ercole Roselli, esule a Genova, già comandante il battaglione universitario nel 1848, e fratello di Pietro, generale della repubblica romana. Il Petroni, divenuto l’arbitro assoluto dei più impazienti, era l’uomo meno adatto a sentire consigli di calma, anzi vedeva in ogni consigliere di prudenza un nemico, o un traditore. Egli era rimasto a Roma, dove aveva ripresa la professione di avvocato, e, secondo afferma la relazione della Consulta, «tenevasi occulto, essendo minacciato di arresto, per violato precetto di far ritorno in patria». Contava aderenti anche nella parte più facinorosa del partito popolare, e non conosceva la paura.
La cospirazione si proponeva da principio nientemeno che l’uccisione del Papa! Era stata presa in fitto la casa sulla cantonata di piazza Rusticucci, e il portico di San Pietro, dov’è ora la caserma dei pompieri, e proprio sul punto, dove la piazza finisce, e comincia la via dei Penitenzieri. Pio IX avrebbe dovuto passar di là la prima volta che si recava fuori porta Cavalleggeri. La cosa non fu potuta eseguire, perchè uno dei fratelli Cocchi fece portar via le armi, nascoste in una botola. Di quel tentativo fallito rimane testimone superstite Annibale Lucatelli. Non potendosi dunque cominciare con l’uccisione del Papa, si