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cronache e frivolezze. E però ho cercato di contener l’aneddoto in giusti limiti, resistendo a tentazioni, spesso molto forti.
Si dirà forse che io non ho voluto trascurare alcune piccole cose. Lo riconosco, e non mi pento. L’epoca della storia convenzionale è passata: della vecchia storia ridotta alle guerre, alle ambasciate, agl’intrighi della diplomazia e alla vita delle corti, e narrata in periodi pomposi e rettorici. Oggi la storia è chiamata a riprodurre tutte le manifestazioni umane, tutta la vita sociale nella forma più semplice. Anche il documento dev’essere trasfuso nella narrazione, anzi transustanziato, come si direbbe in linguaggio ecclesiastico, e non mai abbandonato a sè stesso, e materialmente riprodotto sol per mostrare di averlo rinvenuto.
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Se il solo annunzio di questo libro ha bastato a risuscitare una letteratura aneddotica1, ben vedo che la pubblicazione di esso solleverà una rifioritura di memorie e di ricordi intimi, e sarà un bene, perchè io non pretendo di aver detto tutto. A me basta, come già fu per la Fine di un Regno, aver
- ↑ L’ha iniziata l’amico Federico Fabbri (vedi Messaggero del 15 dicembre 1906), con una lettera che si riferisce alla parte, che egli ebbe, giovanissimo, nei casi di quei giorni, nei quali Ravenna scosse il dominio pontificio.