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pio ix, antonelli, e il domma dell’immacolata | 149 |
nesca, che molto concorre al buon senso della razza, e la precipitazione degli avvenimenti dopo il 1859, lo facevano persuaso della inutilità di qualunque azione di resistenza, e lasciò andare l’acqua per la china, anche perchè egli non credeva, come Pio IX, all’intervento della divinità nei fatti umani. Non era un mistico, nè un idealista, ma un uomo che tirava a godere la vita, ed a cumulare una sostanza, come infatti cumulò.
Nato di umile famiglia della Ciociaria, e salito a così alto posto, si propose di non perderlo più. E prevedendo che a questa sua mira potesse recare ostacolo il modesto casato, provvide a nobilitare la sua famiglia, ed a farla ricca e potente. In una società, in cui la gerarchia era tutto, e il patriziato delle vecchie famiglie papali costituiva una parte del pubblico potere, egli intendeva la necessità di nobilitarsi, e perciò, come si è detto, si fece decretare dal municipio l’onore della cittadinanza e nobiltà romana, per sè e per i fratelli, in attestato di civica riconoscenza a lui, segretario di Stato. Nominò suo fratello Filippo governatore della banca romana; fece di Luigi non solo un conservatore per il patriziato, ma un amministratore di ferrovie; a Gregorio, ch’era il maggiore, lasciò la cura delle cose di campagna, ed a tutti fece conferire il titolo di conte, compreso Angelo, che viveva a Parigi. Il cardinale non era un bell’uomo, ma riusciva simpatico per la spigliatezza dei suoi modi. Parlando, rivelava subito la sua origine ciociara, coll’indispensabile intercalare: donchi donchi. Era un mondano, nel quale la vita della corte aveva raffinato i gusti borghesi. Il suo gabinetto in segreteria di Stato, dove riceveva ambasciatori e dame, era tutto tappezzato in azzurro ed arredato di mobili piuttosto da signora galante, che da primo ministro del Papa, e meno ancora da ecclesiastico. Nel vestire si studiava di nascondere, il più che era possibile, il colore rosso della insegna cardinalizia. Aveva splendide carrozze, che si faceva costruire appositamente dal Casalini, con finimenti di semplicità elegante e senza quello sfarzo tra il monumentale e il barocco, che distingueva le vetture cardinalizie di allora. Ridusse anche alle minori possibili proporzioni i finimenti dei cavalli, sopprimendo soprattutto quegli enormi fiocchi, che loro rosseggiavano sul capo. Non gli mancarono avventure galanti, minori forse di quelle che avrebbe potuto offrirgli la sua posizione,