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146 | capitolo ix. |
certamente allora con gemiti inenarrabili innanzi al trono di Dio, ed arrestava quella sciagura, che avrebbe fatto di queste mura una casa di orrore e di desolazione per sempre». Il padre Strozzi era nativo di Lugo.
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Le gite, che il Papa preferiva, eran quelle a Castelgandolfo. Nella libertà della campagna si sentiva rivivere, nè stava un giorno fermo. Erano escursioni e passeggiate a piedi e a cavallo, di rado in vettura; visite all’eremo dei Camaldolesi al Tuscolo, ai Basiliani di Grottaferrata, ai Passionisti di Monte Cave, e ai Cappuccini di Albano. Pittoresca fu un’ascensione a Monte Cave. Vi sali a cavallo, tra i cardinali Mattei e Altieri, e una numerosa corte, e discese a piedi, fermandosi a Rocca di Papa, dove conversò famigliarmente con quei preti e quei terrazzani, suscitando l’ilarità loro, con aneddoti e motti. Ogni gita finiva con un pranzo. Sedeva con la comunità al refettorio, nel mezzo della tavola, un gradino più in alto, e diffondeva, con le sue celie e piacevolezze, il buon umore nei suoi commensali. Sdegnoso di trattamenti prelibati, qualche volta appariva improvviso ad ora di refettorio, con disperazione del cuoco e del cellerario. Non era ghiotto, ma neppure frugale; ed ai manicaretti preferiva cibi comuni, ma saporosi, come al vino preferiva acqua fresca e abbondante. A Castelgandolfo dava frequenti ricevimenti ad ambasciatori e cardinali, e vi ospitò, come si è detto, anche la corte di Napoli. Faceva talvolta incendiare candele di bengala, godendo di vederne riflessi i colori sulla superficie del lago. Nelle sue scarrozzate si fermava sovente al ponte di Ariccia, compiacendosi col ministro Iacobini e coll’architetto Bartolini, dal quale vi era talvolta atteso, dell’alacrità, con cui procedevano i lavori. Se andando a piedi era colto dalla pioggia, come gli accadde una volta, tornando dai Cappuccini di Albano, si abbandonava a clamorose risa, prendendosi giuoco dei suoi monsignori. E quel giorno ritornarono addirittura molli a Castelgandolfo, tanta fu l’acqua che cadde.
L’ozio l’annoiava, e più che di emozioni, sentiva il bisogno di distrazioni. Memore di essere stato un abile ed elegante