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vette chiuderlo per mancanza di affari. Gli americani si servivano al banco Hooker Maquay, di cui fu complimentario, e poi socio Guglielmo Grant. Il banco Kolb, che aveva i suoi uffici a San Luigi dei Francesi, serviva a preferenza i tedeschi. Il Kolb era console di Würtemberg, e tanto affezionato a Pio IX, che quando nel 1848 incominciarono i torbidi, egli andò dal Papa e gli disse: Sante Padre, per vostre Santità mi farei anche turche. Era cattolico fervente e amicissimo di lady Stewart, la solitaria signora di Monte Mario. Questo banco sopravvive tuttora sotto il nome di Nast-Kolb, con magnifica sede a San Claudio. E sopravvive anche un altro banco, esercitato allora nel palazzetto Sciarra, con clientela in gran parte inglese, dai soci Plowden-Chomeley, la cui ditta ha preso ora il nome di Plowden e C’. Il Chomeley era, quanto il Kolb, devotissimo alla Santa Sede. La sua signora, rimasta vedova, si ritirò in Tivoli, dove fabbricò un villino presso la gran cascata, e in vista delle cascatelle. Altro banchiere era il signor Macbean, console d’Inghilterra, il quale abitava lo stesso appartamento, ove fu il circolo dei commercianti, sopra Finzi e Bianchelli, e donde, nel 1848, il principe Doria, ministro della guerra, arringò il popolo.

Anche il console del Belgio, barone Terwagne, aveva un banco molto accreditato negli ultimi anni, nei quali Roma fu invasa da una folla di suoi connazionali, venuti ad arrolarsi nell’armata pontificia, o a visitare la città. Egli era particolarmente protetto da monsignore De Merode. Un banchiere speciale avevano pure gli svizzeri, in persona di Luigi Schlatter, console della repubblica elvetica. E infine la casa Rothschild, ch’era in sostanza la grande banca dello Stato, avea per suo rappresentante il banco Cerasi. Antonio Cerasi, ch’ebbe dal Papa il titolo di conte, è morto da pochi anni, lasciando un cospicuo patrimonio. La sua vedova, una Colloredo della nobile famiglia tirolese, e ricca a milioni, concorse con cinquecentomila lire alla costruzione del recente e grande edifizio ai Prati di Castello, battezzato collegio Leonino, e che accoglie i giovani preti, che vengono a Roma per studiare.

Dei banchi di Roma, questo del Cerasi fu il solo, dopo quello Torlonia, ch’ebbe fortuna. Gli altri liquidarono dopo il 1870, più o meno con perdita, o addirittura con rovina. Chiusero Guerrini