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132 capitolo viii.

l'ospedale di San Giacomo, sulla cui soglia, durante il passeggio, davano di sè malinconico spettacolo gli assistenti in veste rossa, non sempre pulita. E di botteghe e di palazzi non vi era altro di notevole al Corso di allora.


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Delle città d’Italia, Roma era quella, che aveva minor numero di botteghe da caffè, e queste non eccessivamente eleganti. L’abitudine della frequenza di quei locali era esclusivamente borghese, e fu solo negli ultimi tempi, che essendosi al caffè San Carlo al Corso instaurato un servizio di pranzi e colazioni, cominciarono a convenirvi dei giovani signori, oltre all’uffizialità pontificia e francese. N’era proprietario Pio Antonini, il quale fece fortuna. Poco avanti del 20 settembre, il governo aveva permesso che su quel locale si aprisse un club, con la condizione che prendesse il nome di «circolo a San Carlo» e non vi si giuocasse che al bigliardo. Del club fu presidente il marchese Angelo Gavotti Verospi e segretario il duca Lante della Rovere, e fu in quelle sale, come si dirà più innanzi, che la sera del 19 settembre fu dato dal pittore Scipione Vannutelli, cognato del Kanzler, e da Emanuele Ruspoli il primo annunzio che l’indomani le truppe italiane avrebbero attaccato da Porta Pia.

Si davano ordinariamente convegno nei caffè brigate di amici, che vi andavano a giuocare il tresette o lo scopone; uomini di affari che vi trattavano i loro negozi, e sfaccendati che vi s’indugiavano a tagliare, tra una bibita e l’altra, i panni addosso a questo ed a quello. I grandi alberghi e le pensioni, le trattorie e le infinite osterie, impedivano che nei caffè si facesse altro che conversare e sorbire le poche bibite calde o fredde, mangiar paste e maritozzi, e giuocare alle carte. Al numero 45 della piazza Sant’Eustachio, dov’è oggi un negozio di letti, fu il famoso caffè della Sapienza, frequentato dalla studentesca e dove, nel 1848, si aprirono gli arrolamenti per la guerra dell’indipendenza, e si organizzavano le dimostrazioni. Su di una parete di quel locale faceva di sè bella mostra la nuova carta geografica dell’Italia unita, dove, sotto il nome di Roma, era stato aggiunto in iscritto «capitale d’Italia». Quella carta fu regalata dallo studente Blasi, marchigiano, il