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vano di cotte e di crude in fatto di costumi, ma tutto ciò rimonta veramente ad un tempo anteriore al nostro. Il palazzo, che segue, e dove ora trionfano gli eleganti magazzini del Cagiati, apparteneva ai Costa di San Marcello, per distinguerli dai Costa di San Francesco a Ripa, due famiglie quasi estinte. Ed eccoci al palazzo Sciarra, il cui portone era una delle meraviglie architettoniche di Roma. L’arco non esiste più, e neppure il palazzetto abitato allora dai fratelli Prospero ed Ettore Sciarra: il primo, principe di Roviano, uomo di qualche cultura e chiamato spesso a far parte di commissioni amministrative; e l’altro, Ettore, scemo di mente, che questionava con le sedie, le baciava quando voleva far la pace, urlava quando rumoreggiavano i tuoni; e se urtato nel passeggiare, non poteva tenersi dal ricambiare l’urto ricevuto. Nello stesso palazzetto era il banco Plowden-Chomeley. Quest’ultimo fu nominato cameriere di spada e cappa per la devozione a Pio IX. Sua moglie era una bellezza, cantava bene, dipingeva con arte, e nelle sue solitarie passeggiate attraverso la campagna romana, non accompagnata neppure dal groom, cavalcava superbamente. Nelle botteghe sottostanti vi erano il barbiere Visconti, padre di Eugenio, che fu segretario di Alessandro Torlonia; un tabaccaio col fez, che s’illudeva di passare per turco, e poi Sudriè, venuto dal Piemonte nel 1847, che aveva negozio di oggetti militari. Sull’angolo attirava i passanti la tradizionale pasticceria del Voarino, dalla quale uscivano i famosi maritozzi, delizia dei romani nella quaresima,

Nella casa, dopo la via delle Muratte, v’era il club delle guardie nobili, dove non fu senza difficoltà, che furono ammessi Angelino Antonelli e il signor Garofoli, uno dei cento calvi delle dimostrazioni papaline. Al palazzo Bonaccorsi nulla di particolare. Il conte vi appariva qualche volta per conferire col suo segretario, l’abate Saetta, ed al secondo piano abitava la marchesa Soncino di Milano. Il palazzo Piombino, non bello in apparenza, ma comodissimo nell’interno, completava il quadrato della piazza. Esso era occupato dai soli padroni, che avevano domestici lucchesi, portiere svizzero, e primo cocchiere quel Ragazzini, che il giorno di sant’Antonio faceva pompa di sè col guidare otto pariglie, per portarle a benedire innanzi alla chiesa omonima. I negozi del palazzo Piombino erano molti: