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restaurants, e dove prima e dopo il 1870 stette per pochi anni la posta, vi era il comando di piazza. Al primo piano era il circolo militare francese, divenuto poi, dopo che i francesi partirono, il circolo militare degli ufficiali pontifici. Al secondo piano alloggiava il signor Mangin. Da piazza Colonna partiva la ritirata militare coi tamburi, ai quali il venerdì era sostituito il concerto dei dragoni. Queste ritirate furono cagione di frequenti dimostrazioni politiche nel 1859 e nel 1860, soprattutto quando al circolo francese fu inalberata la bandiera sarda per Magenta e Solferino. Qualche volta, a render più gaia la piazza, ch’era davvero il cuore di Roma, apparivano al gran balcone del palazzo Chigi le figliuole del principe, fino a che non passarono a marito.

Il banco Marignoli e Tommasini occupava il primo piano del palazzo Verospi, e nelle botteghe sottostanti aveva il negozio il Massoni, commerciante di lane, di sete per ricami e di oggetti. ecclesiastici. Le altre botteghe del palazzo erano occupate dal caffè degli Scacchi, dove signoreggiava il maggiore scacchista del tempo, Serafino Dubois, ed erano molto ammirate le partite fra lui, l’avvocato Lupacchioli e il dottor Poli, dell’armata pontificia. Dalla scuola del Dubois uscirono i viventi e valorosi giocatori Bellotti, Tonetti, Seni e Marchetti. Dove sono adesso i negozi di Finzi e Bianchelli si nascondevano botteghe anguste ed oscure. Luigi Mancinelli, il cappellaio dell’aristocrazia, ne occupava una. Egli aveva fatto un viaggio in America, e quando tornò a Roma, un gruppo di curiosi stazionava innanzi al suo negozio per ammirare il coraggioso viaggiatore, che aveva attraversato l’Oceano. La bottega accanto era occupata dall’ortopedico Mariani, il quale aveva perduto un figliuolo a Vicenza, volontario nell’artiglieria romana, e agli ordini del capitano Federigo Torre. Altra piccola bottega l’aveva l’armiere Diamanti, con esposizione di armi da fuoco e da taglio, che non vendeva però se non a persone ben cognite a lui ed al governo. Seguiva la nuova casa che Andrea Seretti, orologiaio e orefice, edificò, distruggendo alcune catapecchie, e destinando una bottega all’orologeria e un’altra all’oreficeria.

Il palazzo Fiano, dalla parte del Corso, aveva tutta l’aria di una baracca. La sola bottega discreta era quella della si-