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124 | capitolo viii. |
alcun paese d’Europa, ebbero ospitalità da Pio VII in Roma. Il primo piano di quel palazzo era occupato da tutta la famiglia Bonaparte, e madama Letizia vi morì nel 1836. Vi abitò la famiglia di Luciano così numerosa, e poi quella numerosa egualmente di suo figlio Carlo, principe di Canino. Al secondo piano, nei tempi di queste cronache, abitava il banchiere americano Hooker, uomo ricco e bizzarro, del quale si ricordava sempre il ballo dato di mezzogiorno, come già si è detto. Il palazzo Doria non aveva allora l’attuale ingresso principale, ma vi si entrava dalla porta accanto alla chiesa di Santa Maria in via Lata. Nel 1857 il bel cortile si aprì ad una esposizione di fiori, che attirò numerosi visitatori. Vi andò fra gli altri il cardinal Gaude, che rimase estatico innanzi ad un vaso di camelie bianche, le cui foglie, incominciando ad appassire, si erano un po’ tinte di giallo alle punte. Al cardinale uscì detto ad alta voce: «Bellissime queste camelie scritte», e bastò questo perchè, per tre giorni, nell’alto mondo laico, non sì parlasse che delle camelie scritte del cardinal Gaude, tanta era la povertà di spirito di quella società, e tanta l’ignoranza di quel porporato. Com’è noto, nella chiesa annessa al palazzo fu canonico Pio IX, dopo che ritornò dalla missione d’America, ed in essa sono raccolti i resti della principessa Zenaide, moglie del principe di Canino.
Del palazzo Simonetti il pianterreno era occupato dagli uffici della banca romana, della quale, com’è noto, il conte Filippo Antonelli era governatore; il sor Antonio Costa, sottogovernatore; il fornaio Candi, cassiere; il conte Della Porta, commissario, e il sor Palica, factotum ed arbitro. Al primo piano v’era il banco del Baldini, ed al secondo abitava il cardinal Sacconi, zio del compianto architetto. Si ricordava di lui che, quando era nunzio a Parigi, in una rivista militare, a capo del Corpo diplomatico, mosse il riso di tutti gli astanti, perchè, venuto giù un improvviso acquazzone, si affrettò a coprirsi il cappello col fazzoletto da naso. Giù, sulla facciata di quel palazzo, zampillava la fontana detta del Facchino di via Lata, figura popolare in quel tempo perchè era il quarto del congresso degli Arguti, con Pasquino, Marforio e l’abate Luigi. I nuovi tempi, che rispettarono Pasquino e Marforio, hanno rincantucciato il Facchino nella via che va al Collegio Romano.