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vita sociale e sue gerarchie 121

zia del Visconti, che aveva stimato il museo cinque milioni, almeno.

Non era possibile che un tal fatto rimanesse segreto. Il Campana corse a rivelar tutto al nuovo ministro delle finanze, monsignor Ferrari, non rimanendosi nel tempo stesso dal fare dei tentativi per vendere il museo all’Inghilterra o alla Francia. Il debito, compresi gl’interessi, saliva a scudi 570,341. Il Campana cercò di stornare o procrastinare la rovina, dando in pegno il medagliere: ma essendo la cosa divenuta pubblica, il 28 novembre del 1857, birri e gendarmi occuparono gl’ingressi del Monte, e monsignor fiscale, il giudice processante, un computista e un notaio procedettero alla verifica di cassa, in seguito alla quale, oltre alla deficienza suindicata, ne fu accertata un’altra di 79,000 scudi. Il Campana fu arrestato, condotto a San Michele e deferito al tribunale criminale, di cui era presidente monsignor Terenzio Carletti, e fu patrocinato, con prolissa allegazione, dall’avvocato Raffaele Marchetti, al quale fu poi tolto l’esercizio dell’avvocatura per quella difesa. Ma le ingenti e non giustificate spese per restaurare la villa al Laterano, trasformata in dimora principesca, nonchè per la costruzione dell’altra a Frascati, per lo stabilimento dei marmi artificiali, e soprattutto per il museo, di cui i migliori quadri e i preziosi oggetti etruschi furono acquistati da Napoleone II, e le statue dal governo russo, non poterono sottrarlo al carcere, e alla confisca del patrimonio e del museo stesso. Il Monte rientrò quasi intieramente nel suo, e il Campana, dopo alcuni anni di prigionia, fu esiliato a Napoli, dove si votò allo spiritismo. Morì povero, ed a nulla gli giovò il suo zelo politico, nè gli aiuti da lui prestati ai soldati svizzeri, dopo la fuga di Pio IX. Al museo del Louvre vi è oggi una sezione speciale, che comprende gli oggetti del museo Campana, e all’accademia dei Lincei, al palazzo Corsini, sono depositati i quadri che non furono venduti. Il processo Campana fu, sotto alcuni rapporti, il precursore di quello della banca romana di triste memoria.

Il Campana, per salvarsi dalla rovina, aveva anche tentato imprese ferroviarie. Poco prima della catastrofe, egli entrò in rapporto col barone Panfilo de Riseis, concessionario della strada ferrata da Napoli per l’Abruzzo e la frontiera pontificia. È da