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del mondo cattolico; cinta dal deserto e dalla maremma; quasi presso il mare, ma non marittima; soggetta allo sfibrante scirocco; chiusa nelle sue mura, che per due terzi circondavano ville, vigne, orti, canneti malarici e resti di rovine. Eppure la trasformazione edilizia, ch’è stata tanto grande, che la vecchia città quasi più non si ritrova, è nulla rispetto alla rivoluzione morale, che vi sì è compiuta. La piramide si è capovolta. Il laicato, che doveva essere tollerato per la clemenza degli ecclesiastici, si è sovrapposto ad essi: laicato, buono e cattivo, non romano o romanesco, ma nazionale. E con questa nuova forza s’imposero nuovi sistemi e nuove finalità, condannate o sconosciute; e nacquero bisogni, da sembrare persino impossibile che non si fossero sentiti sino al giorno, in cui Roma divenne capitale d’Italia. La vecchia generazione, che può fare ancora dei confronti, va scomparendo; e quando sarà sparita, nessuno saprà più che cosa fosse un tempo questo paese nella sua intimità, nelle sue classi sociali, nella sua economia pubblica e privata, nel suo governo, nelle sue gerarchie, nei suoi rapporti col mondo, nelle cospirazioni politiche, e negl’intrighi; nella confusione, infine, delle due potestà, larga fonte di quei mali religiosi e politici, che avevano sì un’impronta caratteristica, ma che non erano maggiori di quelli delle altre Signorie italiane.