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110 capitolo vii.


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Ciò, che distingueva i ceti sociali, era dunque la gerarchia. Il principe e il cardinale erano, per consenso delle altre classi, collocati così in alto, che non si discutevano, nè era lecito nominarli che col titolo, ed era persino considerata come una temerità il vantarsi di aver con essi dimestichezza. I cardinali parlavano, e parlano anche oggi, in terza persona fra loro, dandosi dell’eminenza; e i principi dovevano essere molto intimi, e di eguale elevatezza di lignaggio, per chiamarsi a nome, o col nomignolo fra loro. Quella simpatica bonarietà romanesca, nei rapporti sociali fra la borghesia, mancava assolutamente nei rapporti fra questa, il patriziato e la più alta gerarchia ecclesiastica, comprendendo in questa anche l’alta prelatura, predestinata alla porpora, e che occupava cariche alte e lucrose negli uffici ecclesiastici. Come nella stessa sua famiglia il cardinale non era indicato altrimenti che col titolo di «Sua Eminenza», così il prelato era chiamato «monsignore» persino dai genitori e fratelli suoi, o tutt’al più col nome di battesimo, preceduto dal don, e aveva il primo posto a mensa, e nessuno si permetteva contraddire alla volontà di lui. Bastava essere prete, per godere nella famiglia una posizione di privilegio. Viceversa, questi cardinali e alti prelati, quando non vivevano con le proprie famiglie, finivano per crearsi del loro servo un padrone, e soggiacere alle occulte sue influenze, non mai tanto occulte, che qualche cosa non ne trasparisse, soprattutto se c’era una donna di mezzo, moglie o congiunta del servo padrone. Quante non se ne dissero e scrissero a proposito del cardinal Tosti, e non se ne dissero e scrissero di monsignor Matteucci, e dello stesso Gregorio XVI? Tale era la società di allora. Il fenomeno del servo padrone si verificava anche nel patriziato. Quanti di quei vecchi principi celibi, logori e arrembati, ma convinti di essere formati d’altra creta, erano nell’intimità della loro vita gli schiavi del proprio cameriere, soprattutto se questi furbamente ne solleticava le debolezze, al punto da non procurare mai, non dico un fastidio, ma un pensiero, o un sol dolor di testa al suo padrone! La società era così da secoli, nè vi erano ribelli, perchè gene-