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vita sociale e sue gerarchie | 109 |
per 45 anni. Gli successe il figlio Francesco, che alla sua volta ottenne la successione pel suo primogenito Giuseppe, il quale conservò l’ufficio dopo la restaurazione del 1849, quasi a compensarlo dallo scampato attentato, cui fu fatto segno il 7 marzo di quell’anno, come si è detto innanzi. I Mazio erano in politica nerissimi, ma inappuntabili per onestà. Il fratello di Giuseppe, Paolo, marito della Nibby, fu discreto letterato, e per la morte di Vittoria Savorelli, aveva pubblicato il poema Sabina e Ruggero. Dopo il 1859 il Mazio restò a dirigere solo la zecca di Roma.
Altra casa ospitale della borghesia era quella di Giuseppe Spada, al palazzo Ruffo, in piazza Santi Apostoli. Egli era socio del banco Torlonia, e ai suoi ricevimenti intervenivano sovente prelati e cardinali, e sempre i migliori personaggi della borghesia, e cantavano i più noti artisti del tempo, fra i quali i fratelli Alessandroni, Annibale, baritono, e Lorenzo, tenore. L’avvocato Mandolesi dava balli nella sua casa, in via di Parione; c’era buona musica in casa dell’avvocato Vannutelli, e dei fratelli Sabatucci, alla salita dei Crescenzi. La signora Bettina Sabatucci, che nasceva Corsi, era una valorosa pianista, e tutti in casa di lei erano appassionati musicisti. E molta borghesia era pure ricevuta in casa Wolff, il noto scultore russo che abitava sul principio di via Quattro Fontane, e aveva sposata una bellissima creatura, che faceva da modello negli studi dei pittori, e si chiamava Margherita. Il Wolff, prima di sposarla, l’aveva posta in convento, perchè ricevesse un po’ di educazione; ma ella, nonostante fosse divenuta moglie di un distinto artista, restò triviale nei modi e nella favella, e non era altrimenti conosciuta che col nome di Margheritaccia. Vi erano anche ricevimenti nelle famiglie Marucchi, De Angelis, Calabresi, Cortesi e Brenda, con frequentissimi pique-niques di pranzi, cene e gite.
Era tutto l’alto generone, che riceveva in carnevale, perchè le famiglie del ceto dei commercianti e della piccola borghesia formavano quello, che si diceva generetto. E generone e generetto s’invidiavano e si contraccambiavano piccole maldicenze, anzi, il nome di generone fu inventato dal generetto, per vendicarsi della poca considerazione, in cui era tenuto dall’alta borghesia. I nobili, com’è noto, non ricevevano nè l’uno nè l’altro.