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108 | capitolo vii. |
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Una famiglia caratteristica dell’alta borghesia era quella dei Mazio, che abitava in via della Scrofa. Al principio del secolo vi era stato un cardinal Mazio, dei cui nepoti uno era succeduto al padre nell’ufficio di direttore delle zecche pontificie di Roma e di Bologna; e l’altro, Paolo, fu prima nei gesuiti, e poi, senza aver preso gli ordini sacri, ne uscì, e sposò la bellissima Nibby, figlia dell’archeologo. Rimasto vedovo, si unì in seconde nozze con la signorina Armanni. I Mazio avevano una sorella chiamata Luigia, la cui meravigliosa bellezza le aveva fatto dare il nome di anticamera del paradiso. Sposò il signor Luigi Ravaglini, assuntore di lavori stradali. Ed a questa vaghissima donna si riannoda un episodio curiosissimo della vita di Napoleone III. Quando egli, nel 1830, era in Roma, semplice principe Luigi Bonaparte e abitava al palazzo Ruspoli, s’innamorò di lei, che aveva casa nel prossimo vicolo dell’Arancio, nè avendo altro mezzo di avvicinarla, e dichiararlesi, si vestì da donna in acconciatura di modista, e bussò all’uscio. Ma, o che il marito fosse in sospetto, o fosse caso, aprì l’uscio egli stesso, e riconosciuto nella finta modista il Bonaparte, lo cacciò ruvidamente, e con un bastone lo rincorse sin nel portone del palazzo Ruspoli. Il principe aveva allora ventitre anni, e per quanto non bello, era audace in simili imprese. La cosa si riseppe, e levò naturalmente gran rumore in città. Divenuto imperatore, Luigi Napoleone non obliò i giorni dell’esilio, nè gli amici Morichini, Volpicelli e Tortolini, suoi compagni di studi; e meno ancora la bella Ravaglini; si disse anzi che, saputo che gli affari del marito erano andati male, fosse venuto generosamente in di lui aiuto.
Ma tornando ai Mazio, che appartenevano alla borghesia elevatasi con l’ingegno e col lavoro, e che vivevano con larghezza, dando pranzi e ricevimenti, è da ricordare che in quella famiglia era, da oltre un secolo, tradizionalmente concentrata la direzione della zecca. Giacomo Mazio, padre del cardinale, fu nominato da Benedetto XIV, nel 1769, intendente generale delle due zecche presso il ministero delle finanze, e occupò quel posto