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la fine del potere temporale, occorreva rendersi conto, innanzi tutto, delle pubblicazioni fatte, che sono una selva; e poi frugare negli archivi privati, e singolarmente negli epistolarii, interrogare i superstiti, ma ben vagliarne le affermazioni e i ricordi. Più volte m’assalsero tali sgomenti, che fui tentato di non farne più nulla. Solo la grande passione dell’indagine potè sorreggermi in un lavoro, che, spesso indiscreto, non doveva parerlo, e che sovente riusciva penoso, perchè veniva a distruggere una leggenda, ad urtare un pregiudizio, od a sfrondare un romanzo. Mi dava coraggio il desiderio di perpetuare la memoria, e, se non fosse presunzione, di fare la fotografia morale di ciò che fu lo Stato del Papa, in quegli anni, ma soprattutto di ciò che fu Roma, senz’avere la pretesa di scoprir la città, e assai meno di adularla: questa città, che visitai la prima volta quarant’anni or sono, abito dal 1871, ed amo senza tenerumi convenzionali.


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Roma ha subito, dal XX settembre sino ad oggi, tali mutazioni, da rendere ardua la ricostituzione del suo passato, il quale rispondeva ad un complesso di circostanze storiche, ed era il risultato della sua geografia: città non veramente nel mezzo d’Italia; capitale politica di un piccolo Stato italiano, e religiosa