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l'aristocrazia | 97 |
per la passeggiata, e in una parte del palazzo seguitò ad alloggiare il fratello don Baldassarre, studioso di matematiche, bibliofilo, anzi bibliomane, nervosissimo e gran signore. Fece innalzare un monumento nel camposanto dell’Ariccia al matematico Tortolini. Apprezzava i giovani, e fu il protettore di Francesco Siacci. La sua ricca biblioteca, al pianterreno del palazzo Simonetti, fu venduta dopo la sua morte, e la sentimentale villa pinciana forma oggi il quartiere Ludovisi. Il duca Sforza Cesarini morì in esilio nel 1866, quando i suoi figli combattevano da volontari nell’esercito italiano. Dopo la morte del padre, questi chiesero udienza al Papa, che li ricevette alquanto aspramente, domandando a Francesco se a Custoza avesse perdute le scarpe, o il cappello. Fu più benevolo con Bosio, conte di Santafiora, pur egli partito tra i volontari. Al duca Lorenzo il Papa e i clericali non seppero perdonare il suo «italianismo», come si diceva ironicamente, e ricordavano la sentenza giudiziale, per cui era stato riconosciuto come figlio del duca Sforza Cesarini, per singolare bontà di Pio IX. E Augusto Ruspoli, che aveva sposata sua cugina, la contessa Agnese Esterhazy, visse, dopo il 1860, lontano da Roma. Era tenuto d’occhio dalla polizia per i suoi sentimenti liberali; e quando fu costretto nel 1864 a toglier via dal collegio Clementino i due suoi primi figliuoli, Galeazzo e Alfonso, li chiuse nella scuola militare di Modena, e il terzo, Mario, nell’accademia navale. Servirono tutti e tre nell’esercito italiano e nell’armata, e i due ultimi morirono giovanissimi. Galeazzo pervenne al grado di tenente colonnello di cavalleria, e poi lasciò volontariamente l’esercito, dopo il 1870, come lo lasciarono Fabrizio e Prospero Colonna, Francesco e Bosio Sforza, Emanuele Ruspoli, Augusto Sindici, il conte Negroni e altri romani, cui pareva avere sciolto il proprio obbligo verso Roma, ricongiunta all’Italia. Don Augusto Ruspoli fu uomo pieno di dignità e di modestia, non menò mai vanto dei servigi resi alla causa nazionale, durante il suo soggiorno in Ungheria, nel periodo fortunoso del 1860, quando Cavour strinse un vero patto di alleanza con Kossouth, nel caso che l’Austria avesse attaccato l’Italia durante la spedizione nelle Marche e nell’Umbria. Dei patrizi liberali romani, il Ruspoli fu il più equilibrato. Morì a 65 anni nel 1862, generalmente compianto.